NICOLE KIDMAN È PAZZA DEL SUNDANCE: “AMA I PICCOLI FILM CORAGGIOSI, COME ME”

142014094-3afa7e48-8fe8-4f3f-a463-d8b75f03ad74(di SILVIA BIZIO, patient Repubblica) L’attrice sfida la temperatura rigida dello Utah sul tappeto rosso del festival per promuovere “Stranderland”, malady l’opera prima di Kim Farrand. “È stata dura girare nel deserto in piena tempesta, come mi era accaduto in Marocco con Herzog. Farlo nella mia Australia è stata un’esperienza ancora più eccitante”.

PARK CITY – Il Sundance si illumina con un’altra stella di prima grandezza, Nicole Kidman, arrivata per promuovere Strangerland di Kim Farrand il film di cui è protagonista (nel cast anche Hugo Weaving, Joseph Fiennes, Sean Keenan). Nicole sembra perfettamente a suo agio mentre sfila sul tappeto rosso, malgrado il freddo pungente dei 2300 metri dello Utah, altro che Hollywood. In pantaloni stretti, scarpe a punta e giacchetta a pallini, leggermente truccata, la 47enne attrice australiana è venuta per sostenere il thriller a basso budget diretto da Kim Farrant, in concorso al festival. È la storia di una famiglia la cui tranquilla vita rurale viene messa sottosopra quando i due figli adolescenti scompaiono nel deserto durante una furiosa tempesta di sabbia.

Non è la prima volta della Kidman a Sundance. La incontriamo nell’attesa della del suo film al cinema Egyptian, su Main Street. “Sono stata in una brutta tempesta di polvere pure in Marocco mentre con Herzog giravamo Queen of the desert,” dice l’attrice. “Per due giorni non potevamo vedere al di là della nostra mano. Non ci potevo credere! Non mi era mai accaduta una cosa simile, in Australia! È stato bellissimo tornare lì per girare questo film, e dare così sostegno all’industria del cinema australiano. Era tanto tempo che non facevo, e riuscirci attraverso un piccolo film, con una regista donna, Kim Farrand, che è al suo debutto, corrisponde esattamente al tipo di lavoro che amo! E poi sono particolarmente grata a Strangerland la cui lavorazione mi ha permesso di trascorrere del tempo con mio padre, senza sapere che pochi mesi dopo ne ne sarebbe andato per sempre… Quindi non importa cosa succederà a questo film, sarò comunque sempre grata a Kim perché mi ha offerto quel tempo da dedicare ai miei figli e al mio babbo”.

Come è stata l’esperienza di girare di nuovo in Australia?
“È stata bella e faticosa. La maggior parte del tempo eravamo a Sidney, ma abbiamo girato anche a Kununurra che è una zona magica del deserto australiano. Io sono una grande amante di quella terra arida e secca, mi fa bene, che sia in Australia o in Marocco. Non avevamo molti soldi da spendere per questo film, ci siamo dati tutti quanti un gran daffare. E ovviamente, da madre di quattro figli quali sono, è stata un’esperienza psicologica durissima. Per fortuna poi ci sono ruoli come quello che ho fatto in Paddington, che è stato divertentissimo”.

Cosa ci può anticipare del suo film Queen of the desert di Werner Herzog che sarà a Berlino?
“È un film parecchio complicato, racconta la vita di Gertrude Bell, una viaggiatrice, scrittrice, archeologa, esploratrice, cartografa e militante politica per l’Impero Britannico all’inizio del ventesimo secolo. Nel film l’amore di Werner per lei traspare, Gertrude fustraordinaria in quello che fece, per il modo in cui all’epoca seppe affrontare il deserto. È un film così tipicamente alla Werner Herzog, solo lui saprà parlarne in modo seducente, è comunque ambientato in un periodo della storia nel quale non esistevano confini fra Giordania e Iraq, infatti l’attribuzione di quei confini va proprio alla Bell. Chissà cosa penserebbe di tutte le tragedie che hanno attraversato quei paesi…”.

Come si sente qui a Sundance?
“È bello alzare lo sguardo e vedere le montagne piene di neve, la natura mette tutto in prospettiva. Mi piacciono i festival che celebrano film dai budget limitati, eppure notevoli. È per questo che siamo qui, perché questi piccoli film dalle grandi qualità possano essere visti e distribuiti. IL Sundance ha una sua anima particolare, e mi piace l’idea che sia stato un attore, Robert Redford, a sostenerne il prologo. Non l’ho mai personalmente incontrato, lo ammiro da lontano. Robert ama lo stesso genere di film che amo io: mi piace lavorare con nuovi registi, provare cose nuove, condividere il coraggio di chi si lancia in una nuova avventura. Non voglio mai allontanarmi dall’idea di fare scelte nuove e selvagge. E mettermi in situazioni che non sono probabilmente le più sicure…”.

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