Trent’anni di gavetta, un nuovo ruolo da protagonista, la fortuna di una famiglia unita: l’attore 53enne si racconta. Tra Toscana, il mare d’inverno, e i piani B. Perché «il tuo momento può sempre arrivare»
Quando si nasce sognatori, non si scappa. Francesco Ciampi, nato a Prato, si sente parte del gruppo da 53 anni. Fiero sognatore, sostiene. Sottocategoria, sognatore realista. «Ogni mattina mi sveglio e penso a una cosa positiva e a cosa posso fare per metterla in pratica. Non sto ad aspettare che quella cosa mi venga addosso», racconta. Il risultato? «Trent’anni di gavetta nel mondo della recitazione, e ancora tanta voglia di fare». Ci sono stati i ruoli in Un’estate al mare di Vanzina, Finalmente la felicità di Pieraccioni; e il Commissario Manara e I delitti del Bar Lume, in tv. «Ho sempre amato il cinema fin da piccolo, sono cresciuto a pane e Francesco Nuti», spiega. Senza dimenticare, però, di essere realista: «Il piano b l’ho tenuto a lungo sotto mano, lavorando contemporaneamente nel tessile. Del resto, sono sempre di Prato. Negli ultimi 10 anni poi mi sono dedicato esclusivamente alla recitazione». Il suo mantra è sempre stato uno: «“Non è mai troppo tardi, il tuo momento può arrivare sempre”».
E il 23 maggio, l’attore debutta da protagonista in Forse è solo mal di mare (diretto da Simona De Simone, prodotto dalla pratese Cibbè Film, nato da un’idea di Matteo Querci, con Maria Grazia Cucinotta, Paolo Bonacelli, Barbara Enrichi, ndr). Ambientato a Linosa, racconta la storia di un fotografo che per amore si trasferisce sull’isola, rinunciando a una carriera promettente. «L’abbiamo girato l’anno scorso, tra aprile e maggio, siamo stati lì circa un mese».
Cos’ha imparato dall’isola?
«Che il mare non si comanda, che fuori stagione è tutt’altra vita. Ho scoperto che può fare più caldo a Prato e che quando soffia il vento è pazzesco. In pochi giorni ho conosciuto tutti gli abitanti, circa 300, ne sono diventato amico. Ricordo che quando c’era il mare grosso e si restava isolati, scattava la corsa al supermercato. Gli scaffali pian piano andavano giù».
Lei ha sempre vissuto a Prato. Dalla toscanità non si fugge?
«Io della mia terra mi porto dietro tutto. Credo sia importante mantenerne le tradizioni, Per lavoro forse avrei dovuto a un certo punto spostarmi a Roma, ma ho sempre fatto su e giù da Prato. Del resto è lì che ho messo su famiglia: moglie (Francesca) e due figli (Alessandro e Filippo, 17 e 19 anni). Sono sempre stato un padre e marito molto presente».
Che cosa significa «famiglia»?
«La famiglia è tutto, se c’è la famiglia tutto il resto viene bene».
Che cosa insegna ai suoi figli?
«Ho sempre fatto di tutto per trasmettergli il valore della vita, lasciandoli contemporaneamente liberi di fare le loro scelte. È giusto che facciano ciò che gli piace. Se fai quello che ami, non conoscerai mai la parola sacrificio. Io anche a 80 anni continuerò a sognare. È quello a cui sei condannato quando nasci sognatore».
In che «casa» è cresciuto lei?
«Sono cresciuto così: libero di sognare. Nessuno mi ha mai imposto “devi fare l’avvocato”. Ho avuto la fortuna di avere una grande famiglia. Un Babbo, una mamma, il pranzo da nonna tutte le domeniche, l’orto in giardino. Una famiglia semplice ma molto unita. Mi ricordo che da bambini si giocava in strada usando i fili di lana. Li si legava da un cancellino all’altro e si creava come una rete per giocare a tennis o a pallavolo».
Figlio unico?
«No, ho una sorella più piccola di 14 anni. Ma non ho mai provato alcuna gelosia: quando arrivò lei, mi comprarono il motorino. E io mi senti per la prima volta uomo libero. Nonostante sia sempre stato il cocco di tutto il condominio. Le signore sul pianerottolo mi chiamavano “Franceschino”».
In Forse è solo mal di mare il suo Francesco cambia vita per amore. Fino a che punto si può rinunciare?
«Dipende da quello a cui si rinuncia. Se l’amore è reciproco, le rinunce non saranno mai estreme. Io sono sposato dal 1995, con Francesca sto insieme da 32 anni. Lei c’è sempre stata e non ha mai sminuito la mia passione per la recitazione, non mi ha mai chiesto di rinunciare».
Come si vive passati i 50?
«Degli anni faccio la somma, ma non li sento. Mi sono sempre sentito un ragazzino, tanto che mia moglie spesso dice che di figli ne ha tre».
Di cosa ha paura un sognatore?
«Ho scritto una frase che leggo ogni mattina: “Credi alla forza dei tuo sogni e loro diventeranno realtà”. Ho sempre tenuto a mente l’obiettivo e non mi sono mai dato un traguardo. In questo modo continui ad andare avanti, a crescere. Così un sognatore di paure ne ha poche. La paura puoi provarla quando intuisci che sta crollando il tuo sogno. Ma è una paura che non deve farti fermare. Serve solo per guardare quello che puoi correggere, cambiare strada e ripartire».
Stefania Saltalamacchia, Vanity Fair