Corona querela Selvaggia Lucarelli, ma la procura di Milano archivia l’inchiesta

Chiesta l’archiviazione anche per Marco Travaglio, direttore del Fatto quotidiano

In un articolo del marzo scorso lo chiama «sbruffone», «fesso», «recidivo». Meno di un mese dopo, ospite di una trasmissione televisiva, rincara la dose: «Fabrizio Corona dovrebbe darsi del cogl. da sé». Parole troppo aspre evidentemente per l’ex re dei paparazzi, che nel giugno scorso decide di denunciare la giornalista Selvaggia Lucarelli per diffamazione. Ma non per la procura di Milano, che ha già chiesto l’archiviazione sia per lei che per Marco Travaglio, direttore del Fatto quotidiano che risponde di omesso controllo.

Nell’articolo del 9 marzo 2018, Lucarelli criticava il comportamento dell’uomo e scriveva che l’ex paparazzo, continuando a delinquere, avrebbe «dimostrato di fregarsene di rispettare le regole che il regime di affidamento prevedeva». Ciò che però ha fatto più infuriare il 44enne sono le dichiarazioni della opinionista in un post su Facebook del 5 aprile 2018. Qui affermava che Corona era stato coinvolto in «in una rissa verbale fuori dall’Hollywood» ed era per strada in orario notturno, violando così le prescrizioni del provvedimento di affidamento terapeutico e che gli imponevano di non lasciare la sua dimora dalle 20.30 alle 7 del mattino.

«Non si sta comportando – scriveva poi – come uno che ha capito qualcosa dell’ennesima possibilità concessagli. Di sicuro un povero cristo non si potrebbe permettere quello che può permettersi lui». Affermazioni che per il pm Minutella rientrano nell’esercizio «del diritto di critica, il quale si concretizza nell’espressione di un’opinione, che in quanto tale non può intendersi obiettiva, considerato che per natura è fondata su un’interpretazione dei fatti e comportamenti». Anche i termini utilizzati dalla donna, anche se dal «tono volutamente aspro» per il pm non sono «sovrabbondanti rispetto al concetto che si voleva esprimere». La decisione sull’archiviazione dell’indagine spetta ora al gip.

La Stampa

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