Leyla Martinucci: “Sono una donna che cammina a testa alta nel mondo”

Leyla Martinucci, soprano tarantino e romana d’adozione, sarà una delle guest star che duetteranno con Andrea Bocelli, l’1 e 2 settembre al Teatro Antico di Taormina. Un evento senza precedenti con l’orchestra e il Coro Lirico Siciliano e una parata di ospiti di calibro internazionale che verranno svelati prossimamente. 

Leyla partiamo dalle sensazioni della serata con Andrea Bocelli e delle prove: cosa puoi anticiparmi?
Le nostre voci sono in sintonia dunque sarà una piacevole sorpresa sentirle insieme. Canterò un’aria da sola e poi due duetti insieme a lui, pezzi mai cantati quindi un debutto nel debutto.
So che conosci Andrea da tempo ma è la prima volta che condividete il palco: quale è il primo ricordo che hai di lui?
Abbiamo trascorso un Natale quando ero bimba perché all’inizio faceva concerti con mio padre (Nicola Martinucci, grande tenore, ndr). Era curioso vedere questi due tenori che parlavano in un ambiente molto famigliare e col clima festivo. Non aveva ancora fatto Sanremo, non lo conoscevo molto, poi ci ha spedito il suo disco. Per me era tutto nuovo, mio padre gli ha voluto sempre molto bene.
Per quanto riguarda Taormina so che ti sei portata avanti con l’outfit e ti vestirà Urbano della Scala: che colori hai scelto?
Avrò due vestiti, uno per atto. Non ho un colore mio e non sono scaramantica anche se sono meridionale. Mi piaciono i colori sgargianti e brillanti: indosserò un verde smeraldo e un blu elettrico.
In un recente post su Instagram hai citato “Vogliatemi bene, un bene piccolino” estratto dalla Madame Butterfly: credi che sia il concetto chiave per essere in pace con se stessi e col mondo?
Sì con se stessi. Nel mondo devi prenderti il tuo spazio. Occorre essere concentrati e con i piedi per terra e avere una propria centralità ma quando ti affacci al mondo devi prenderti il tuo spazio e fare vedere che ci sei, devi occupare spazio. Sono una donna in un mondo che non regala nulla ma ci cammino a testa alta senza paura né soggezione.
Se pensi a te Pastorello nella Tosca quando avevi dieci anni…provi affetto per quella Leyla o è una parte di te ma fa parte del passato?
Provo una estrema tenerezza. Ero una pupetta e oggi le direi un paio di cose se potessi, tipo resisti andrà tutto bene. Gioia e solarità non mi hanno mai abbandonato e per alcuni sono ancora la piccola e baldanzosa Leyla.
Da mezzosoprano a soprano, da Rosina e Carmen a Tosca e Turandot: quanto la tua carriera è cambiata?
La mia carriera cambia all’infinito: prosa, musical, mezzosoprano contralto e ora soprano; spero di fermarmi qua ma non si sa mai, mi adatto ai cambiamenti della vita. La svolta mi ha trasmesso di sicurezza perché quel repertorio è adatto a me. Ritrovo anche il repertorio che frequentavo da bambina, insomma torno a casa, al barocco.
So che sei molto legata alle tematiche LGBTQIA+: perché nonostante l’impegno della politica e della cultura fatichiamo ad accettare la libertà di essere noi stessi? Tu per altro il tema lo affronti nello spettacolo “Non è la Callas”.
Non mi risulta che ci sia impegno o almeno non molto e quando lo fanno non si interfacciano con gli attivisti di quell’ambiente, prendono iniziative sconnesse con la realtà. Osservo pochi esempi di intergrazione e inclusività ed è una questione non solo italiana. Ci allontaniamo sempre più dal concetto di accoglienza: pensando alle donne ti dico che stiamo precipitando in un baratro, manca l’insegnamento di inclusività nelle scuole. La donna è inferiore per diritti e siamo lontani da ogni tipo di progettazione. Manca l’educazione al sentimento, all’amore, al rispetto.
E’ capitato qualche volta che tu abbia subito atteggiamenti poco rispettosi sui social per questioni legate alla tua vita privata: oggi sei impermeabile agli hater oppure leggere certe cose ti fa ancora male?
Non sono una grande vittima io, leggo però di persone che vengono travolte e non so se saprei reggere quelle situazioni, il corpo ne risente. Se mi capitasse significa che lavoro bene sui diritti e avrò tanti alleati e alleate e cammineremo insieme a spalla dritta e testa alta.
Doppio debutto nel 2020: come regista e in una opera contemporanea “Non è un paese per Veggy-Gluten free”: credi che in futuro il tuo baricentro si sposterà in questa direzione? Approfondirai la tua indole visionaria?
Perché no! Non è un piano b ma resta una strada che potrà essere parallela all’altra; quando scelsi la prosa la mia visione era registica, poi la vita mi ha portato a sperimentare questo altro lato della passione per il teatro. Alla fine sempre il teatro è la casa.
C’è un’opera nella quale non hai ancora avuto modo di cimentarti e che ti affascina?
Seguivo l’opera per l’inizio dei miei studi sulla lirica e vidi La Fanciulla del West, un’opera che avevo già visto milioni di volte ma una volta sono uscita in lacrime, ero devastata e a mio padre dissi che da domani avrei studiato la lirica, che dovevo provarci visto che nulla mi aveva emozionato così tanto. Era il momento giusto anche per affrontare quel mondo.
Quali sono i tuoi prossimi appuntamenti, dopo la serata al Teatro Greco di Taormina?
Ci sono vari progetti ma sono in attesa di alcune confeme…quindi non posso ancora anticiparti nulla!

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