Chiara e Ludovica, le influencer con l’orecchio bionico

Hanno 28 e 25 anni e sui social ci fanno conoscere la vita quotidiana delle persone sorde. Sì, “sorde” e non “sordomute”. Chiara Chiara Bucello e Ludovica Billi vogliono fare piazza pulita degli stereotipi nei confronti della loro caratteristica

Chiara Bucello e Ludovica Billi, 28 e 25 anni, capelli corti la prima, riccioloni lunghi la seconda. Una siciliana di Lentini («famosa per le sue arance rosse»), l’altra toscana di Fucecchio ( «patria di Indro Montanelli»), iscritte a master allo Ied di Milano in graphic design (dopo ottimi percorsi di studi). 
Entrambe sorde, Chiara e Ludovica si sono conosciute grazie ai social. A raccontarlo è Ludovica:
«Ero su TikTok e vidi un video di lei che parlava di sordità, in maniera ironica. 

Era la prima volta che vedevo una cosa del genere, che mi faceva sentire ‘normale’». Segue uno scambio di messaggi diretti e poi l’idea di incontrarsi e di fare qualcosa insieme, divertendosi.

Chiara: «Sono nata sorda e non si sa perché. Sono nata e avevo già un mistero addosso, un qualcosa di grande che non si poteva spiegare, quasi che la sordità fosse una predestinazione. I miei genitori hanno scoperto quando avevo un anno che ero una bimba con sordità profonda e ipoacusia neurosensoriale neurovegetativa. Ho messo le protesi uditive, fatto logopedia e musicoterapia e da due anni ho l’impianto cocleare».

Ludovica: «Sono sorda dalla nascita, il motivo è genetico e la diagnosi è di sordità bilaterale profonda. I miei genitori lo hanno scoperto quando avevo 7 mesi: sono stata operata e ho proseguito con 10 anni di logopedia. Ho un orecchio bionico, ovvero l’impianto cocleare, dal 2004».

Nei loro account personali si definiscono “sorda” (Chiara) e “ragazza con l’orecchio bionico” (Ludovica): nei post condividono viaggi, esperienze, video. Chiara e Ludovica sono sorde, ma non stanno zitte un momento. Soprattutto, ridono un sacco.

Nessuna delle due usa la lingua dei segni: «Le nostre famiglie hanno optato un percorso di oralismo in modo che quando saremmo state grandi saremmo state in grado di fare le cose in piena autonomia e così è stato: la scelta migliore per il nostro percorso di vita», spiegano.

«Parlare sui social della mia sordità è stato come rinascere, condividere i miei disagi, le mie paure, le mie ansie mi hanno aperta definitivamente al mondo», dice Chiara. «Ho sempre visto la sordità come un nemico da annientare, da vincere a qualunque costo. Mi sono ostinata a essere quella che non sono fino ad accettare il fatto che non avrei mai potuto sconfiggere il nemico, ma avrei potuto amarlo, scoprirlo, farne un punto di forza», aggiunge Ludovica.

vogue.it

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