Elodie oltre i tormentoni: “Dicevano che ero capricciosa ma cercavo la mia strada oltre il pop”

Oggi Elodie è in radio con il singolo “Guaranà” primo nella classifica dei pezzi più trasmessi in radio, e con il nuovo singolo di Takagi e Ketra “Ciclone”. Si fa concorrenza, la cantante romana, che si è ripresa dopo un periodo difficile in cui pareva si stesse perdendo. Poi ha trovato la strada e chi le dava fiducia.

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Oggi Elodie è in radio con il singolo “Guaranà” primo nella classifica dei pezzi più trasmessi in radio, e con il nuovo singolo di Takagi e Ketra “Ciclone”. Si fa concorrenza, la cantante romana, che è sempre più difficile relegare all’etichetta di cantante estiva. Se è vero è in grado di scegliere sempre canzoni giuste per la stagione, Elodie ha dimostrato di saper anche andare oltre, e Sanremo ne è solo l’ultimo capitolo.

Un anno e mezzo fa l’idea di alcuni addetti ai lavori e forse anche di qualche fan è che la cantante si stesse perdendo a causa di scelte infelici sue e di chi le stava intorno, ma lei, caparbia, è andata controcorrente e dopo l’ennesimo cambio di management è riuscita a imporre la sua visione. A Fanpage.it Elodie ha spiegato che cercavano di incasellarla come l’ennesima cantante pop da radiofonica, ma lei cercava altro, anche a costo di passare come capricciosa. Alla fine, almeno per adesso, ha avuto ragione lei. E oltre a un percorso artistico, ricominciato ancora una volta, Elodie sta anche emergendo per la sua visione della società che la circonda e non ha paura di prendere posizione per quanto riguarda anche questioni delicate e di attualità, compreso il razzismo, che non l’ha risparmiata.

Tra Guaranà e Ciclone, praticamente ti stai facendo concorrenza da sola…

Sì, Guaranà è uscito un po’ di tempo fa e sono molto felice dei risultati. Ogni volta è un terno al lotto, i pezzi li fai ma non sai in realtà come gli altri li prenderanno. Ora sono uscita col pezzo di Takagi e Ketra e, sì, insomma, mi sto facendo concorrenza da sola: la verità è che se vanno bene entrambi meglio ancora.

Guaranà te lo ritrovi primo in rotazione radio, anche se ormai hai dato dimostrazione di essere una cantante che va oltre il discorso tormentone, no? Soprattutto in questi ultimi anni che sono stati di enorme cambiamento.

In realtà io credo che in Italia il tormentone sia un po’ bistrattato, è un passaggio della stagione, c’è in tutto il mondo, esiste da tempo. In realtà, penso che all’interno di una carriera si possano fare varie cose. Il tormentone c’è sempre stato, diciamo che negli ultimi anni è tornato in voga anche chi non ce l’ha nelle proprie corde comunque cerca di gareggiare tra gli hitmaker: sono modi di fare musica completamente diversi. Il tormentone, però, ti può aiutare nel percorso di confronto con più generi, ad uscire dalla tua comfort zone.

Tu ormai sai perfettamente come districarti ta le varie cose…

Guarda, non so come funziona, ma forse ho un gusto che è moto popolare, anche perché dipende molto dalla scelta dei pezzi. In questo sono proprio pop.

Sì, lo si vede anche dall’album, costruito con quel gusto pop di cui parlavi.

Sì, poi dipende di cosa parliamo, delle sonorità? Beh, io a Sanremo sono andata con “Andromeda”, che non è il classico pezzo sanremese, non è il pezzo estivo, ma è una hit per come è fatto. Anche se la struttura del pezzo è complessa, non ha una struttura facile come il pezzo estivo, ma comunque è fatta come una hit, come fanno tantissimi interpreti internazionali. Io ho sempre visto la musica pop in questo modo, guardando quello che succedeva fuori e come le donne interpretano… le donne. In Italia abbiamo un modo tutto nostro che però sta cambiando, credo, io almeno lo sto facendo con un altro spirito.

Ti dico la verità, qualche giorno fa ho visto Guaranà primo in radio, ho ripensato al successo di Sanremo e ho pensato che poco più di un anno fa sembrava quasi che ti stessi per perdere definitivamente. Poi cosa è successo?

Io ho sempre avuto l’idea di quello che volevo essere, cioè pop. La mia adolescenza è stata nel Duemila, quando accendevo la tv e c’erano Christina Aguilera, le Destiny’s Child, c’erano delle donne che avevano un modo di fare musica che a me piaceva, che era figo. Aveva varie caratteristiche, l’uso della voce, per esempio, era un modo di fare musica accattivante. Quando ho cominciato a fare musica dopo Amici, c’era un modo di fare musica troppo arcaico per il mio fisico, per la mia testa, per il mio background. Io ho lavorato in discoteca per tanti anni, ho fatto la cubista, la vocalist, ho sempre usato la mia fisicità e la mia voce insieme, sono figlia di quel tempo. Mi sembrava un peccato tentare di fare musica che facevano altre donne in Italia, in quel momento, sai non ero che l’ennesima, dopo tre o quattro che erano avanti a me: c’erano Alessandra Amoroso, Emma, Laura Pausini, c’erano tante donne che facevano quello che facevo io ma molto meglio di me e tra l’altro non era neanche il mio genere.

A quel punto hai capito che su quella strada non avresti avuto scampo…

Cercavo di spiegarlo: per quello che sono io, per il mio tipo di fisicità, per la mia voce, la mia storia posso fare altre cose molto diverse da quelle che sto facendo ed essere molto più credibile. Solo che avevano paura che fosse qualcosa che non mi avrebbe portata a nulla, c’era un pregiudizio, mentre io sono fatta per questo genere, mica esiste un genere di serie A e uno di serie B. Credo che ci siano cose coerenti o no, al massimo.

E quand’è che sei riuscita a imporre la tua visione?

Ho fatto Sanremo…

Ma a Sanremo sei già arrivata formata, no?

Parlo di quello del 2017. Quest’anno l’ho fatto per far focalizzare nelle teste il lavoro fatto, era come mettere la ciliegina, dire che questo è quello che stiamo facendo e la strada che stiamo percorrendo. Uso il plurale perché parlo del mio team, dal management, alla casa discografica, all’ufficio stampa. Quando ho fatto Sanremo nel 2017, ho visto l’esibizione e ho pensato: ‘Io più di questo, in questo genere, non posso dare”. Avevo già dato tutto per quanto riguarda quella strada: avevo imparato a cantare in un nuovo modo ad Amici, avevo imparato a tirare fuori i miei sentimenti, la rabbia, la frustrazione, cosa che non ero abituata a fare, ma più di quello non potevo fare. Ero arrivata al capolinea, non avevo nient’altro da dare, quindi mi sono detta: “O mi sposto o finisco di lavorare”, quello non era il mio unico modo di cantare. Quindi ho cominciato a segnalarlo alle persone con cui lavoravo, ma non mi capivano, pensavano fosse un capriccio, ma non era un capriccio, era un’esigenza, ho cambiato squadra, ma ho avuto gli stessi problemi, tornavano a volermi far fare cose che non erano coerenti con quello che pensavo, troppo vecchie per me

Sei arrivata a questo Sanremo tra i favoriti, Andromeda è stata la ciliegina sulla torta di un percorso… Però è successa una cosa: i primi concerti che avresti dovuto fare sono saltati causa Covid-19. Come la vivi questa lontananza obbligata dal palco?

Era il momento di fare live, certo. C’è da dire una cosa, io sono una che ha atteso tanto nella vita: attendo, accetto e lavoro, l’ho sempre fatto, non è un problema. Tutte le carriere hanno problematiche, le ho anche io ma non me ne frega niente. Lavorerò affinché quando sarà il momento io sia pronta.

La costruzione di una credibilità musicale porta anche a una sorta di impegno e credibilità di messaggio. Non ti sei mai tirata indietro, ultimamente, per quanto riguarda il trasmettere messaggi anche “scomodi”. Non è cosa che fanno tutti i colleghi…

La responsabilità ce l’hanno tutti e mi pare che se lo dimentichino, ogni tanto. Quando arrechi dolore ad altre persone non può esserci un’opinione a riguardo: se io sono nero, giallo, rosa, non faccio male a nessuno, stiamo parlando di nulla. Se qualcuno dovesse mai parlare di colori e dare un aggettivo negativo rispetto a questo io non posso non contraddirlo, perché è evidentemente grave l’uso di quel dispregiativo. Se io sono gay, se sono transessuale, qualsiasi cosa che non tocca la libertà degli altri, ma tocca la mia, nessuno ha il diritto di dare un’opinione. Quindi non dico semplicemente la mia, ma difendo la libertà. Anche un bambino sa che la diversità non fa paura, ma arricchisce, poi cresciamo e perdiamo un po’ l’innocenza e la ragione.

Hai mai subito gesti di razzismo su di te?

Più di una volta ho subito discriminazioni, a partire dal fatto che mia madre è nera e a varie scelte fatte nella vita: io sono una donna libera e credo che tutti debbano scegliere in base a quello che sono o scelgono di essere e non avere paura degli altri. Purtroppo le persone non sono pronte a vedere gente libera di essere quello che è, ed è una cosa che non comprendo, perché non ce l’ho come forma mentis.

L’essere donna, immagino, non migliori le cose…

Certo perché purtroppo anche con gli uomini ho avuto problemi: sono una donna indipendente, con un passato, con un certo modo di vedere le cose, quindi anche con gli uomini ho dovuto, ogni tanto, “combattere”, spiegare che sono come loro.

Quanto la popolarità amplifica queste reazioni?

Quando sei popolare, hai una fanbase ampia, delle pagine in cui interagiscono milioni di persone, questo problema si ripropone, si amplifica. Io non lo soffro, ma perché su questa cosa ho lavorato da quando sono piccola, quindi a me se mi insultano non mi frega nulla. Io sempre detto quello che penso e non mi frega di quattro cretini che rispondono con odio. Puoi dirmi che non ti piaccio, che canto male, che non ti piace la mia immagine, ma le offese personali non solo sono inutili, ma proprio non mi fanno niente, mi fanno sorridere, mi fanno capire che ci sono ancora persone così grette, e mi spiace che c’è chi ci resta male.

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