
Il cantautore è presente oggi al Salone del libro di Torino per presentare il suo libro insieme al Cardinale Matteo Maria Zuppi nell’ambito dell’evento ‘Le Storie, la Storia. Dall’io al noi’.
Ventisei album, sette libri, un romanzo, un’autobiografia, una biografia, un libro di poesie e uno di racconti, tre film e novecento concerti. Il 23 luglio segna anche venti anni di successi, seguito dal grande concerto presso la Reggia di Caserta. Questa è la storia di Luciano Ligabue attraverso i suoi numeri, presente oggi al Salone del libro di Torino per la presentazione del suo libro con il Cardinale Matteo Maria Zuppi nel contesto dell’evento ‘Le Storie, la Storia. Dall’io al noi’.
Il titolo dell’opera è ‘Una storia’. “Durante la pandemia ho sentito l’esigenza di raccontarmi a fondo. In quei momenti c’era una totale incertezza riguardo al futuro, e quando non riesci a immaginare quello che verrà e il presente è nebuloso, non ti rimane che riflettere su quanto già vissuto. Così ho cercato di fare luce sulle emozioni e sui bisogni che hanno caratterizzato il mio cammino. Un libro che parla della tua vita è il vero libro della tua esistenza, e desidero che tutti possano comprenderlo”. Ligabue è orgoglioso della sua esistenza, come esprime anche in una sua canzone: “Non cambierai questa vita con nessun’altra. La società tende a spingerci a focalizzarci su ciò che manca, mentre io ho avuto l’audacia di affermare che ogni vita è unica e irripetibile”.
Il segreto della felicità risiede nel passare dall’io al noi. “È fondamentale generare connessioni”, spiega Zuppi, “soltanto così si relativizza il proprio io. Ligabue ha citato San Agostino, il quale sostiene che ‘Chi canta prega due volte’. Questo ‘di più’ supera persino ciò che non riusciamo a esprimere. La musica offre un valore aggiunto al testo stesso. La vera soluzione, ribadisce il Cardinale, è riconoscere che siamo parte di un circolo: donare e ricevere. La possessività danneggia l’io, che smette di pensare anche agli altri. È vantaggioso mettere in circolo l’amore”.
È consapevole di ciò anche Ligabue, che per superare la sua timidezza sul palco ha rivelato di essersi aperto completamente alla sua audience. “Quando qualcuno si tatua una tua frase che diventa simbolo della vita, realizzi che è il momento di fare sul serio e di sostenere chi sta vivendo momenti difficili. Mi hanno accordato fiducia e io mi sono svelato, condivido di me tutto ciò che posso. Esiste un legame tra me e loro”. Ligabue spiega che “le storie ci danno la possibilità di affacciarci su vite che non vivremo. Un libro che mi ha colpito? È ‘Delitto e castigo’, poiché sono un esperto sul senso di colpa”, aggiunge con un sorriso.
Un periodo fondamentale per Zuppi è stato durante la sua adolescenza: “Facevo due cose che mi appassionavano”, racconta. “Ero solito recarmi in una borgata fuori Roma, dove negli anni ’60 vivevano circa cinquemila persone in condizioni precarie. Era come avere il terzo mondo a pochi passi da casa. Questa esperienza mi ha profondamente toccato, rivelandomi una realtà che non avrei mai pensato esistesse e facendomi comprendere il significato della vita”.
La seconda passione di Zuppi era la preghiera. “Ero attratto da una dimensione spirituale”, afferma. “Il Vangelo è una narrazione. Abbiamo lo spirituale che si manifesta nell’umano e ci aiuta a discernere ciò che non riusciamo a vedere. Per percepire l’invisibile occorre guardare con il cuore. La nostra storia continua attraverso le storie di ciascuno di noi”, conclude.