
Dall’endometriosi di Emanuela al bullismo subito da Gabriele, passando per la diastasi di Eleonora e la sofferenza di Claudio, bloccato in un corpo che non sente suo: dopo il successo della prima stagione torna su Real Time, dal 22 maggio ogni giovedì alle 21.30, “Il mio amico bisturi”. Questa serie racconta le storie di uomini e donne che si confrontano con il loro corpo, rivolgendosi al dottor Damiano Tambasco dell’ospedale San Carlo di Nancy a Roma, per migliorare la loro vita, superare insicurezze e tornare ad amarsi. Dodici storie di vita, sofferenza, fiducia e rinascita. Racconti diversi, ma uniti da una forte volontà di riscatto e amore verso sé stessi e il proprio corpo, spesso segnato da incidenti, malattie o delusioni, causando sofferenze fisiche e psicologiche.
“Il mio amico bisturi: confidenze intime” torna su Real Time per narrare storie autentiche con tatto e discrezione. I protagonisti non sono attori, ma maestri, infermieri e parrucchieri che scelgono di mostrarsi vulnerabili, condividendo le loro fragilità e i limiti, cercando aiuto nella chirurgia estetica per superare i complessi più profondi. Dall’altra parte, il dottor Damiano Tambasco, responsabile dell’Unità operativa di Chirurgia e Medicina estetica dell’ospedale San Carlo di Nancy, conosciuto come il “dottore dagli occhi buoni”, pronto ad ascoltare e individuare le soluzioni più adatte.
“Quando ho iniziato a lavorare a questo progetto televisivo – ha dichiarato il chirurgo plastico – ho insistito molto sulla grande importanza terapeutica della chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica. Quando non si è in sintonia con il proprio corpo, si fatica a stare bene con sé stessi e con gli altri. La vita si fa difficile, tutto appare più grigio. Amo approfondire le storie dei miei pazienti per capire cosa li ha spinti a prendere la decisione di sottoporsi a interventi, lavorando non solo sul corpo, ma anche sull’anima. Ho visto pazienti riacquistare il sorriso, trovare l’amore e riprendere a giocare con i propri figli. I loro messaggi d’affetto e stima rappresentano il mio più grande successo.”
“Il mio amico bisturi” può essere definito una serie etica sulla chirurgia plastica: in ogni episodio di circa 30 minuti, le scene alternano tra la sala d’attesa dell’ospedale San Carlo di Nancy, che diventa quasi un confessionale per i pazienti, lo studio del dottor Tambasco e la sala operatoria. Si alternano dettagli medici e analisi attente di ogni caso, insieme a interviste ai protagonisti e ai loro familiari per comprendere meglio le motivazioni dietro questo percorso. Le immagini reali dell’intervento si mixano con le lacrime di gioia dei protagonisti, finalmente liberi di amarsi e piacersi.
Nelle varie puntate, prodotte da Artlouder, si susseguono storie di vita autentiche, come quella di Emanuela che, a causa dell’endometriosi, ha dovuto rinunciare al sogno di diventare madre, subendo l’asportazione di utero e tube. Le sue cicatrici non sono solo il segno di nove interventi, ma anche il ricordo di sensi di colpa e sofferenze psicologiche che l’hanno colpita. Grazie alla chirurgia estetica, ha cercato di riprendersi il suo corpo, odiato per anni, e di darsi un’altra opportunità come donna e moglie. Oppure la storia di Claudio, un giovane di Caserta che ha deciso di cambiare sesso, migliorare il suo aspetto e affrontare i suoi conflitti interiori, una storia di coraggio e di amore verso se stesso, sostenuto dalla madre in questo viaggio di accettazione. Altra storia è quella di Federico Lauri, conosciuto come Federico Fashion Style, che oggi è determinato e sicuro di sé. Racconta con sincerità gli anni da ragazzo in sovrappeso e come sia riuscito ad accettarsi grazie anche al dottor Tambasco.
“Siamo lieti che il pubblico abbia accolto questa serie con così tanto entusiasmo – ha affermato l’ideatrice, Chiara Panzieri – durante le riprese della seconda stagione abbiamo incontrato persone con storie significative, che, grazie alla chirurgia plastica e alla loro determinazione, sono riuscite a superare sia fisicamente che psicologicamente, il peso di anni di sofferenza, prevaricazione e bullismo. Il messaggio che speriamo arrivi a tutti è che la scelta di intraprendere questo tipo di interventi spesso non è motivata da mera vanità, ma da ragioni più profonde, vere cicatrici che ci portiamo dietro fin dall’infanzia.”