La tromba mi ha salvato, oggi sono felice “tre quarti”

La tromba mi ha salvato, oggi sono felice “tre quarti”

Il brano ‘Tromba’ rappresenta una dichiarazione d’amore nei confronti di Sofia, il suo amore più grande. Chi lo conosce è ben consapevole che si tratta della tromba di Roy Paci, compositore e trombettista italiano di straordinario talento. In un recente episodio del vodcast, Roy Paci condivide la genesi del suo ultimo singolo e la passione profonda per questo strumento magico e coinvolgente. “Un pezzo dedicato alla mia tromba era fondamentale perché mi ha donato la vita e il riscatto sociale – racconta. – Mi ha dato la forza di emergere da una zona di confort che non era adatta a un ragazzo adolescente, che si riteneva già brillante in un piccolo borgo della Sicilia, Augusta.”

La straordinarietà di questo strumento a fiato deriva dal fatto che è “uno strumento assoluto che riesce a attraversare il tempo – spiega Roy Paci – Può essere utilizzato sia per suonare che per comunicare, senza neanche soffiarci dentro, viste le sue dimensioni imponenti. Miles Davis è stata per me una figura fondamentale fin da quando ero piccolo.” È fin dall’età di 10 anni che Roy Paci ha iniziato a ‘innamorarsi’ del suo strumento. “A 13 anni ho firmato il mio primo contratto e sono diventato professionista a quell’età,” racconta. Il brano ‘Tromba’, scritto anche insieme a Lorenzo Vizzini, è tanto ironico (non si può non notare il ‘gioco’ insito nel titolo) quanto critico. “È una piccola riflessione sull’ambiente e sulla politica, con un mix di pensiero e ironia.”

Grazie a Sofia, Roy ha vissuto emozioni incommensurabili e visitato luoghi straordinari. Qual è il suo concerto preferito? “Ne ho tenuti molti, anche davanti a un milione di spettatori, come in Messico con Manu Chao. Più c’era gente, più mi sentivo energico. Tuttavia, i più emozionanti sono sempre quelli di fronte a poche persone, che hanno acquistato il biglietto solo per me.” Un aneddoto particolare? A Parigi, “davanti al palco, due persone hanno iniziato a fare l’amore – rivela. – Non avevo mai vissuto qualcosa del genere. Non si sono fermati, hanno continuato, mentre noi proseguivamo a suonare.” D’altra parte, il trombettista ha sempre il suo fascino. “Mi scuso con tutte le altre categorie di musicisti, ma i trombettisti sono gli uomini più affascinanti del mondo,” scherza Roy Paci.

Roy Paci ha fatto dell’impegno sociale una sua caratteristica distintiva. Oltre a innumerevoli iniziative, è uno dei fondatori del Primo Maggio di Taranto. “Lì mi rendo conto di quanti colleghi e amici ci siano, da Diodato a Brunori, Caparezza e tanti altri, che comprendono l’importanza dell’aspetto umano rispetto al mondo dello spettacolo. Questo è un termometro assai significativo.” Riguardo ai lavoratori, la situazione della politica italiana “è inadeguata, io non ho fiducia in questa classe politica – dichiara Roy Paci. – Ho incontrato governi di destra e di sinistra. Ma è nostro dovere come cittadini, specialmente se siamo anche artisti, agire: abbiamo una responsabilità sul palco, nei messaggi che comunicano, nel bene e nel male.”

Ascoltando Roy Paci parlare, emerge chiaramente come unisca l’entusiasmo di un bambino a una storia segnata da dolori e ferite. “Questa società non mi ha ferito direttamente, ha colpito la mia famiglia – racconta. – Ho vissuto gli anni bui di una Sicilia in cui non erano ancora emersi quegli eroi, da Falcone a Borsellino, che si sono sacrificati per noi e hanno davvero cambiato le cose. A 15 anni ho compreso che era necessario lottare per ottenere certe cose, in particolare la verità.” E anche se nei suoi obiettivi principali non compare Sanremo (“non è una mia aspirazione, non sto qui ad aspettare che qualcuno mi apra la porta perché non ne ho necessità, dato ciò che ho costruito nella mia vita,” dice), il tour in giro per…

L’Italia continua invece a riscontrare un grandissimo successo, con numerose date e una vasta affluenza di pubblico.

Se gli si chiede se sia felice, Roy Paci risponde con serietà: “Sono felice per tre quarti. Fondamentalmente, sono una persona felice, ma sento un forte dolore per tutto ciò che sta accadendo, soprattutto, lo devo dire con tutto il cuore, per i bambini che vedo morire ogni giorno a Gaza. Sono un uomo profondamente sconfitto, non so cosa fare. Da musicista, lo affermo come artista, nemmeno scrivere la canzone più bella del mondo allevia la sofferenza”.

“Ho ascoltato appelli di colleghi che stimo moltissimo a fare concerti, festival e tante iniziative, ma questo non cambierà nulla”, sottolinea il compositore e trombettista. Da qui, emerge la volontà dell’artista siciliano e pugliese d’adozione di “lanciare un appello, lo faccio per la prima volta qui. Se vogliamo fare qualcosa, dobbiamo andare sul territorio. A costo di perderci le penne, come diceva qualcuno, dobbiamo unirci per contrastare questo annientamento, questa barbarie insopportabile, soprattutto per proteggere i bambini. Perché noi siamo i bambini, siamo il futuro della condizione umana”.

La situazione sulla Striscia “esiste – aggiunge commosso – e io non riesco più a guardare quelle immagini, mi fa male, troppo male.”

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