
“Noi italiani, custodi di un tesoro così prezioso, dobbiamo ritenerlo nostro, continuando a salvarlo dall’oblio, a studiarlo con passione e condividendo con chi è meritevole la possibilità di leggere e comprendere le dure, ma sagge, lezioni delle sue pagine immortali.” Queste parole appartengono a Giacomo Boni, uno dei più illustri archeologi italiani tra il Ottocento e il Novecento. A cent’anni dalla sua scomparsa, lo speciale “Giacomo Boni, l’archeologo del foro romano” ripercorre le tappe della sua esistenza, la sua carriera, gli studi e le passioni di un uomo che considerava la ricerca archeologica come una vera missione. Originario di Venezia, la sua città natale è stata la sua vera scuola, dove ha partecipato attivamente al dibattito per la modernizzazione della stessa. Si dedicò al restauro, all’architettura e alla botanica, stabilendo rapporti significativi con gli intellettuali dell’epoca, soprattutto all’estero. Viaggiò in lungo e in largo, ispezionando ogni angolo d’Italia per catalogare le meraviglie del Paese, molte delle quali rimanevano sconosciute o dimenticate, alcune occultate dall’asprezza del territorio.
Allorché ricevette l’incarico di direttore degli scavi del foro romano, Giacomo Boni avviò una missione di esplorazione dei contesti archeologici del forum, un lavoro che si protrasse fino alla sua morte, avvenuta a Roma il 10 luglio del 1925. Il suo interesse scientifico predominante era la scoperta della Roma primitiva, quella città che aveva mutato le sue forme per far spazio alla Roma imperiale. Promotore del metodo stratigrafico, scavò anche sul colle Palatino, dove visse e dove tuttora riposa il suo corpo. Araldo della romanità, è uno studioso di fama internazionale e divenne senatore del Regno, nominato per meriti nel 1923 dal governo di Mussolini.