
Un caso Var in merito all’assegnazione dello scudetto? È già trascorso un mese dal 27 aprile, giorno in cui la Roma ha trionfato a San Siro contro l’Inter. Una vittoria decisiva per la classifica, che ha praticamente tolto il primo posto ai nerazzurri. Negli ultimi minuti di Inter-Roma, a far discutere è stato il contatto in area tra Yann Bisseck ed Evan Ndicka, che ha suscitato vibrate proteste da parte dei nerazzurri per il penalty non concesso al minuto 89. L’arbitro Fabbri ha scelto di non intervenire. E il Var non ha richiamato il direttore di gara per una revisione sul campo.
Il caso Bisseck-Ndicka è stato analizzato nell’ultima puntata di Open Var. Durante il dialogo arbitrale, Fabbri ha affermato che i giocatori “sono sempre a contatto”. Di Bello, al Var, ha risposto: “Velocità zero, lui cade nel momento in cui lo molla. Controllo completato. Ci sono due braccia intorno al bacino, ma quando lo molla lui va giù. Controllo completato.” Fabbri ha poi spiegato ai giocatori dell’Inter che Ndicka “non lo tira mai giù, sono solo le braccia attorno al corpo e nient’altro”.
Rocchi: “Bisseck? Era rigore”
Il designatore arbitrale Gianluca Rocchi ha commentato l’episodio dicendo: “Alla luce di quanto emerso successivamente, è stato sicuramente un errore. Il rigore per l’Inter era piuttosto chiaro. Ed era un rigore evidente in campo, fin da subito. Era una questione al limite a livello di Var e quindi abbiamo deciso di prenderci un po’ più di tempo per fornire una spiegazione.”
Ha continuato: “Per noi, è sia rigore che intervento Var. In campo, la valutazione è stata quella del non rigore, ma se in campo la situazione viene vista e valutata male, rimane un errore. Al monitor, per me Di Bello commette un errore. Non si concentra su come inizia la trattenuta, poiché l’atteggiamento di Ndicka è quello di disinteressarsi del pallone. E questo è già punibile. La decisione finale è influenzata dalla fisicità della trattenuta, ma rimane errata. Rivedendolo, per noi è indubbiamente un errore. Meglio una ‘on field review’ in più che una in meno. Penso che sia il passettino in più da fare, che consente agli arbitri di non portarsi dentro l’errore.”