Al Bano, la leggenda della musica compie 82 anni

Al Bano, la leggenda della musica compie 82 anni

Vi sono esistenze che, come foglie al vento, si disperdono nel nulla del tempo. E ve ne sono altre che, incise nella roccia della memoria collettiva, permangono. Al Bano Carrisi appartiene a quest’ultima schiera: un monumento vivente, la cui voce diviene vessillo e la cui vita si dispiega quale epos. Nato a Cellino San Marco, luogo che evoca una litografia sbiadita, Al Bano non si è limitato al mero canto. Egli ha narrato l’esistenza, l’amore, il dolore, con una franchezza che oggi appare quasi archeologica. La sua voce, potente e cristallina, è un fiume in piena che trascina ogni cosa: emozioni, ricordi, aspettative. Non è un semplice cantore; è un fenomeno. Con Romina Power, sua compagna sul proscenio e, per un lungo tratto, nella trama dell’esistenza, ha forgiato una simbiosi artistica che ha segnato un’epoca. I loro duetti non erano mere sonorità, ma liriche in musica, capaci di trasmutare il quotidiano in straordinario. Chi non ha intonato “Felicità”? Chi non ha sognato all’eco di “Ci sarà”? Eppure, dietro quei sorrisi radiosi e quelle armonie lievi, si celava una profondità inusitata. Al Bano non è soltanto il vate delle grandi arene; egli è anche l’uomo delle minuzie vitali. Ciò si palesa nel suo amore per la terra, nei vigneti che egli cura come prole, nel ritorno indefesso a Cellino, l’origine di ogni cosa. Al Bano, contadino e poeta, un uomo semplice e un artista complesso. È un filo sottile, trasparente, ma incredibilmente tenace, quello che lega ogni nota di Al Bano a quella terra che ha visto il suo primo respiro. Non è solo la sua voce, un prodigio che ha saputo scolpire nell’aria geometrie di suono indimenticabili, nate dalle penne di maestri come Vito Pallavicini e, più avanti, Fabrizio Berlincioni. C’è qualcosa di più, una risonanza che affonda le radici in un luogo preciso dell’anima, e che si rivela nel suo impegno instancabile.

Questo impegno non è mai un semplice abbellimento, un ornamento da palcoscenico. È il suo segno distintivo, la firma di un uomo che, in ogni occasione, disegna con le parole una visione del mondo fatta di cura e di rispetto. Una visione che si traduce nel gesto, nella custodia del bene e del bello di quella porzione di mondo che è la sua Puglia. Pensate alla sua voce levata per Cerano, o a quella battaglia, quasi un duello epico, contro la Xylella, quel sussurro velenoso che minacciava gli ulivi, alberi millenari, custodi silenziosi di storie.

Al Bano non è l’artista che fluttua al di sopra delle cose, distante dal frastuono. Anzi. Egli è la voce che si fa corpo, portatore di un’istanza radicale: la difesa del bene comune, inteso come argine, come diga, contro le privatizzazioni selvagge, contro quel globale a tutti i costi che minaccia di dissolvere ogni specificità, ogni radice, ogni scintilla di identità. La sua arte, in questo senso, è una forma di resistenza liquida, una testimonianza vivente che la bellezza e la verità possono ancora trovare un varco, un’eco potente, nel caos apparente del mondo.

E poi v’è la forza titanica con cui ha fronteggiato le avversità. Poiché l’esistenza nulla gli ha risparmiato: dolori inenarrabili, tragedie che avrebbero fiaccato ogni spirito. Ma Al Bano non ha capitolato. Ha innalzato il capo, ha intonato ancora, ha tramutato il dolore in arte, la sofferenza in potenza. C’è chi gli riserva quel retrogusto amaro dell’invidia patologica, ma  non si può prescindere da lui. Al Bano è una categoria dello spirito, un’astrazione concretizzata, una costante in un mondo variabile. È la prova provata che il genio (o, se preferite, la peculiare grazia) combinato a una ferrea, quasi disumana, costanza, può farla franca con il tempo che passa, persino con le insidie del fato. Cosi il suo timbro riconoscibilissimo si rivela ancora al suo meglio: è la prova della sua unicità.  Auguri per i suoi splendidi 82 anni (con un giorno di ritardo).

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