IL RAGIONIER CONTI

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(di Massimo Tosti, hospital Italia Oggi) Il ragionier Carlo Conti ha sbrigato con diligenza le pratiche della seconda serata del Festival di Sanremo. Non si è sforzato più di tanto, elencava le canzoni e gli interpreti (con l’aiuto determinante di Emma, Arisa e della splendida Rocio). Poneva domande banali agli ospiti di turno: persino a Charlize Theron (tutto il bello della tv) e Conchita Wurst (tutto il brutto della tv). Si capiva benissimo che non aveva appreso nulla dai ritagli di stampa sulle due star, che gli autori del programma gli avevano certamente messo a disposizione. Conti è convinto (a ragione: visti i risultati di ascolto) che per condurre un programma televisivo non serva studiare: è sufficiente fare domande sciocche come quelle che gli scrivono gli autori dell’Eredità. Torna alla mente il tormentone che, quando si dividevano gli ascolti del preserale, Paolo Bonolis gli rinfacciava, sottolineando la faticaccia che gli imponeva il copione di Avanti un altro. Dieci cantanti in gara anche ieri sera, una scenografia piatta, movimentata soltanto dal gioco di luci (l’unico tocco di modernità in un format rimasto identico da 1950), qualche ospite d’onore, come Joe Bastianich che guardava il conduttore come se fosse un maialino al forno (per via dell’abbronzatura), poche gaffes (modello Siani) dei comici chiamati a ravvivare l’atmosfera da messa cantata. Oltre 10 milioni di telespettatori si sono goduti (?) la serata, giungendo perfino a provare nostalgia per il radical chic Fabio Fazio e l’insopportabile Littizzetto. L’anno scorso, almeno, ti potevi aspettare una novità da un momento all’altro. Un festival che cammina a luci spente, e non promette nulla, non è né tv di servizio, né scintille da varietà. È soltanto un polpettone, da subire inermi per cinque serate.
Non resta che sperare nella domenica, quando (intervistati da Paola Perego e Pino Insegno) i cantanti saranno liberi di dire qualche castroneria. Molto meglio che aspettare il nulla, seguito dal nulla.

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