Programmi Tv coperti da diritto d’autore solo se la struttura del format è ben definita

Perchè il format di un programma televisivo sia protetto dal diritto d’autore, è necessario che presenti una struttura ben definibile – e ripetibile – costituita da un titolo, un canovaccio, un apparato scenico e personaggi fissi. Soltanto la presenza di questi elementi lo qualifica come opera dell’ingegno, facendo scattare – pertanto – la copertura del diritto d’autore.

Non ha dubbi la Corte di Cassazione nel dirimere la controversia sulla titolarità del format di “Amore criminale”, trasmissione di grande successo trasmessa dalla Rai.

Nel caso esaminato (sentenza 18633 depositata il 27 luglio), i giudici della Suprema Corte confermano – come già sostenuto dalla Corte di appello – che il format predisposto dalla casa di produzione Ruvido Srl fosse già dotato di una sufficiente “definizione creativa”, negando pertanto la contitolarità richiesta da Reti televisive spa che, pur avendo approntato il canovaccio della trasmissione, aveva poi suggerito alcune modifiche del tutto “marginali ed insignificanti”.

Secondo i giudici, la stella polare è rappresentata dall’indirizzo fornito dalla Siae nel bollettino ufficiale 66/1994, che fa esplicitamente riferimento a una struttura programmatica dotata di un grado minimo di elaborazione creativa e di una struttura ben definita. In mancanza di tali elementi – stigmatizzano i giudici – non è possibile invocare la tutela afferente alle opere dell’ingegno, perchè si è in presenza di un’ideazione ancora “così vaga e generica da essere paragonabile a una scatola vuota” e non di un format.

L’idea della ricorrente era diretta a dimostrare di avere essa stessa contribuito all’elaborazione del format, sulla base di una idea embrionale soltanto abbozzata dalla convenuta, fornendo i materiali per la puntata pilota. Ma – come rilevano i giudici – non esiste alcuna traccia di un contratto di appalto stipulato dalle parti, un documento che avrebbe viceversa provato l’affidamento del compimento dell’opera (o del servizio) all’appaltatore, il quale assume il rischio dell’organizzazione dei mezzi necessari. L’unico riferimento – si legge nella sentenza – è a un accordo avente come oggetto la realizzazione della puntata pilota, che comunque non avvenne in regime di appalto.

Cade dunque l’accusa, rivolta a Ruvido srl, di concorrenza sleale, per essersi subdolamente avvalsa della collaborazione di Reti televisive spa. Gli apporti di quest’ultima sono infatti stati definiti dalla Corte di appello “insignificanti”.
Il ricorso, pertanto, è respinto.

Silvia Marzialetti, Il sole 24 Ore

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