“Struccata e vestita male vado a caccia di assassini”

L’attrice nella serie “Non uccidere” su Raidue: “Che grande gioia quando ho avuto questo ruolo”

Il volto struccato, le borse sotto gli occhi, i capelli urgentemente bisognosi d’uno shampoo. Con indosso golfini infeltriti, giubbetti senza forma, pantaloni sfilacciati. La distanza fra la patinata immagine glamour della miss Italia 2008 e la dimessa protagonista di Non uccidere, è la stessa che corre fra le antiche e le attuali ambizioni di Miriam Leone. «Allora giocai la carta della bellezza sorride la protagonista della fiction, dal 2 giugno in anteprima su RaiPlay, dal 12 su Raidue – Oggi punto tutto sull’impegno. E sul talento».

E’ vero che il truccatore di «Non uccidere» le proibisce perfino di lavarsi i capelli?

«E quando mi azzardo a farlo, me li unge con dell’olio. Del resto al provino mi vollero completamente struccata, senza tacchi… L’aspetto crudo, realistico di questo ispettore della omicidi, che ha troppe cose a cui pensare per preoccuparsi di come appare, ruvida e spigolosa quanto dimessa, è la cifra stilistica di Non uccidere. Assieme all’ambientazione nordica, in una cupa, nebulosa Torino».

Certo che, per chi la ricorda solare conduttrice di «Mattino in famiglia», o disinibita showgirl in «1993», ritrovarsela così trascurata, sciatta e depressa…

«Eppure è proprio questa la cosa che m’ha intrigato di più! Non avrò mai questo ruolo, pensavo. E invece l’ho conquistato proprio rinunciando a ciò che inizialmente mi ha dato successo. La semplicità è la cosa più difficile da raggiungere. Con lo studio e l’impegno ho cercato di ottenerla anche nella recitazione».

Già: molti si stupiscono che una ex conduttrice risulti così convincente come attrice.

«Sono ancora solo una principiante. E il ruolo di Valeria Ferro è stato per me un vero regalo. Per interpretarla ho pensato ad Antigone: come l’eroina classica anche lei affronta temi universali, seppellisce i morti, ricerca la giustizia. Valeria, che affronta drammi come le violenze familiari o la pedofilia, è una luce nel mondo delle tenebre. E stavolta arriverà ad attraversare sviluppi sorprendenti quanto atroci».

Questa seconda serie di «Non uccidere» è la prima fiction ad essere disponibile in anteprima su Raiplay cioè sul canale «on demand» inaugurato otto mesi fa – prima della regolare messa in onda su Raidue.

«E non è la sua unica innovazione. Abbiamo lavorato sette mesi e mezzo, a Torino (l’ultimo ciak sarà oggi), per ottenere una qualità d’autore nonostante il regime a basso costo, le riprese rapide e di tipo industriale. E questo si vede nella scrittura, nella fotografia, nelle inquadrature, nella recitazione».

Quanto conta la bellezza, oggi, per la miss Italia di nove anni fa?

«Non contava un granché neppure nove anni fa. Anzi: prima di Miss Italia non m’ero mai sentita neppure bella. Si, lo so: lei non ci crede. Non ci crede nessuno, quando lo dico. Eppure è proprio così. Giocai quella carta senza contarci, per pura fortuna mi è andata bene. Ma se poi non ci avessi messo impegno e lavoro, come m’hanno insegnato i miei, non sarei arrivata da nessuna parte».

In «1993» lei è provocante e spesso svestita. In «Non uccidere» si stenterebbe a pensarla sexy. Quale dei due ruoli l’ha messa in maggiore difficoltà?

«Ma i ruoli devono metterti tutti in difficoltà; altrimenti non ti coinvolgono! La nudità per un attore è come per un atleta: semplicemente uno strumento di lavoro. E’ il personaggio che si spoglia, non io. La Veronica di 1993 (che probabilmente ritroverò in 1994) è il rovescio della medaglia della Valeria di Non uccidere. Espansiva, con una sensualità rotonda la prima; chiusa, repressa, respingente la seconda».

Solo nove anni di carriera e già tre programmi tv, sette film, otto fiction è soddisfatta di se stessa?

«Neppure i miei genitori – impiegata statale mamma, insegnante di lettere papà – si sarebbero aspettati tutto questo. Loro mi sognavano ricercatrice chimica, figurarsi. Quando scelsi lettere, Tu sei pazza!, reagirono terrorizzati. Quanto a me, non mi sentii tranquilla neppure dopo la vittoria a Miss Italia. Il fatto è che finché non cominci a lavorare, a studiare sodo, non combini nulla di serio».

Tornerebbe in qualche show tv?

«Perché no? Purché sia qualcosa di valido, che mi faccia crescere. La verità è che quando facevo la presentatrice e basta non ero felice. Sentivo che avevo bisogno di qualcosa di più. E a soli 23 anni mi sembrava un po’ troppo presto, per accontentarsi».

Paolo Scotti, Il Giornale

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