Madame e il potere de “L’Amore”

Per lanciare “L’Amore”, il secondo album della cantautrice vicentina che a ottobre sarà per la prima volta in concerto in un palasport, Madame sceglie un locale della vita notturna milanese, il District 272. Qui, tra poltroncine rosse, riproduzioni della Statua della Libertà e qualche palo da lap-dance, sale sul palco per raccontare questo suo nuovo lavoro. Ma soprattutto per cantare alcune delle canzoni che lo compongono. E così mentre, tra un racconto e l’altro scorrono “Come voglio l’amore”, “Quanto forte ti pensavo”, “Nimpha”, “Donna vedi”, “Avatar” e “Per il tuo bene”, tutte eseguite dal vivo con la sua band, emerge plasticamente la crescita artistica di questa ragazza di 21 anni.

L’avevamo lasciata con “Madame”, omonimo album di esordio di quella che tutti definivano un fenomeno della scena urban e rap italiana, e la ritroviamo due anni più tardi mutata e cresciuta. Perché “L’Amore” è l’album intenso, stratificato, inventivo e coinvolgente di una cantautrice a tutto tondo, coadiuvata alla perfezione da un team compositivo e produttivo che vede tra gli altri Shablo, Luca Faraone e Nicolas Biasin (Bias). Un’evoluzione cercata e voluta ma non studiata a tavolino. “Io mi annoio facilmente – spiega lei durante l’incontro -. Il mio disco con i pezzi rap l’ho fatto, avevo voglia di fare altro. Aver scritto canzoni non prettamente urban non è stata una scelta consapevole, sono venute così. Poi in questo periodo ho scritto anche pezzi rap ma non entravano a livello logico nel disco, magari li riprenderò più avanti. O magari il prossimo album sarà qualcosa di completamente diverso ancora”.

Le fonti di ispirazione de “L’Amore” Tra le righe de “L’Amore” si intravedono i modelli più vari, tanto da un punto compositivo che lirico. Da Fabrizio De André (“L’ho scoperto da bambina ed è stato uno shock, perché mi sono riconosciuta. Da lui ho imparato a scrivere, ho imparato cos’è la giustizia”) a Franco Battiato, passando per la musica latina, il cinema di Lars Von Trier e Gaspar Noè, la poetessa Anne Sexton e gli scritturi russi, Nabokov in testa. Un Olimpo di nomi che sono serviti per mettere insieme le storie de “L’Amore”con una scrittura vivida e tagliente, spesso feroce, in cui Madame gioca con quella che lei definisce “la perversione delle parole”. “Tutto ciò che c’è nelle mie parole creative non coincide con il mio pensiero razionale – avverte lei -. Io uso le parole quasi per sfidare l’ascoltatore, per provocare una reazione, per cercare di sedurre, o disturbare”. E sicuramente lo fa quando si spinge al limite nella forma con cui vuole dare corpo alla sostanza delle sue canzoni. E’ il caso di “Nimpha”, storia di una ninfomane, o di “Donna vedi”, dove interpreta una donna convinta di essere stata un uomo nella vita precedente, ma soprattutto nello skit “Pensavo a…”, lungo elenco di pratiche sessuali associate a categorie umane che restano anonime (all’ascoltatore il compito di dare un volto al tiktoker, al calciatore o alla cantante…).

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