Vieni da Me, Bruno Conti: “Mio padre era romanista sfegatato. E quando mi prese la Roma…”

Ospite nel salotto di Vieni da Me c’è Bruno Conti.

“Giorno dell’addio? C’era tanta gente. Ero preoccupato – spiega – perché il giorno prima avevamo perso una finale contro l’Inter. E invece devo dire che forse c’era anche più gente. Mi diedero in quell’occasione la fascia di sindaco di Roma”.

Che effetto ti fa rivedere i tuoi gol? “E’ un grande piacere”.

Antonello Venditti? “E’ stato sempre il dodicesimo uomo in campo. Spesso lo sento al telefono. Chiamavo sempre lui prima delle finali giovanili. E mi ha sempre portato bene”.

Totti è stato l’erede di Bruno Conti. Sei d’accordo? “Totti è stato il fenomeno di questa società. Di questi colori. Ha battuto tutti i record. Francesco è stato il massimo. Io vengo dopo”.

E’ vero che ci tieni tanto ai tuoi capelli? “Assolutamente. Ci tengo tantissimo”. Poi scherza: “C’è chi li ha persi, come Ciccio Graziani, e chi no”.

Capelli come Balotelli? “Io – dice – credo che non ci starei bene”.

Baseball? “Ho la fortuna di essere cresciuto a Nettuno. Mio zio era il custode del Comunale di Nettuno. Io con la scusa di stare mio cugino andavo sempre a vedere gli allenamenti. Nettuno era molto forte all’epoca. Prima di andare alla Roma ero un ottimo lanciatore. Vennero anche a parlare con mio padre per portarmi negli Stati Uniti. Ma mio padre disse: mio figlio è ancora troppo piccolo. Poi mi chiamò la Roma”.

Che soddisfazioni avrai dato ai tuoi genitori…

“Direi di sì. Mio padre era muratore e ha dato da mangiare a sette figli. Lui era romanista sfegatato. Quando mi ha preso la Roma era l’uomo più felice del mondo. Quando mi mandarono in prestito al Genoa mio padre non era molto contento. Lui non mi rivolse parola e andò via tutto arrabbiato. Oggi cerco di portare avanti i valori della mia famiglia anche con i miei figli”.

Tuo padre era presente durante le partite? “Assolutamente. Lui veniva sempre. Quando smisi di giocare purtroppo era morto da poco. Avrei voluto farlo partecipare a quella serata d’addio. Pensa che mio padre mi metteva i fiori giallo rossi anche nella stanza della caldaia”.

Tua madre anche era tifosa? “Mia madre pensava ai figli…”.

A Nettuno c’è qualche laziale? “Ce ne sono tanti. Io mi sono sposato nel ’77 e il giorno prima avevamo perso. Alcuni miei amici laziali mi aspettarono fuori dalla chiesa e mi presero in giro”.

Bearzot? “Il mio secondo papà. Ora non esiste più gente così. Lui dopo un infortunio mi aspettò per i Mondiali”.

Dormivate durante il Mondiale? “Io e Tardelli non dormivamo mai. Andavamo in giro per le stanze a fare gli scherzi a tutti”.

Il presidente Pertini? “Non dimenticherò mai il viaggio di ritorno. Non dimenticherò la partita a carte che fecero sull’aereo. Ci aiutò anche prima delle partite incoraggiandoci”.

Blitzquotidiano.it

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