Bigodini e pistole, sul set di Brave ragazze

Andreozzi a Gaeta dirige Ambra, Rossi e Pastorelli

Le avevano ribattezzate ‘le ‘amazzoni della Vaucluse’: cinque amiche insospettabili, tutte con gravi problemi economici, nella regione della Provenza, che decidono di mettersi a fare rapine travestite da uomini. Tra il 1989 e il 1990 la banda porta a segno sette colpi, e viene arrestata all’ottavo. Un’incredibile storia vera che ha ispirato Michela Andreozzi per la sua opera seconda da regista, Brave ragazze, un’action comedy che ha come mattatrici apprendiste criminali Ambra Angiolini, Serena Rossi, Silvia D’Amico, e Ilenia Pastorelli. L’arrivo in sala è previsto per febbraio – marzo con Vision Distribution “Avevo scoperto questa vicenda anni fa leggendo un articolo, è il primo film che ho scritto – spiega Michela Andreozzi sul set in un oratorio (trasformato in parte in commissariato) a Gaeta, dove sono all’ultima settimana di riprese -. E’ una storia rock al femminile che abbiamo intrecciato a un contesto italiano, quello dei primi anni ’80, incrociandoci anche un commissario, che ho voluto chiamare Gianni Morandi, che ha uno sguardo accogliente in una società altrimenti ostile verso le donne”. Un poliziotto che “ricorda i sex symbol anni ’80 come Tom Selleck”. Per costruire la banda “ho avuto un incontro con quattro donne pazzesche. Non le ho scelte ne’ per colori ne’ per la loro provenienza ma per il loro temperamento, adatto a un’avventura tra bigodini e pistole”. La gang del film è composta da Maria (Rossi), “sposata con uomo (Massimiliano Vado) violento. Lei non crede di poter avere una vita diversa” dice l’attrice . Ambra parla del suo personaggio, Anna, “madre che cresce da sola le sue figlie e che aspira a qualcosa di più, senza necessariamente aver bisogno di un uomo”. Ilenia Pastorelli interpreta Chicca, piena di rabbia e alla ricerca della sua identità mentre Silvia D’Amico è sua sorella Caterina, nerd più riflessiva. “Queste donne sorprendono gli uomini con un’azione di cui non vengono considerate capaci” dice Ambra “e le cose non sono così cambiate. – sottolinea Michela Andreozzi che si ritaglia anche il ruolo di poliziotta assistente di Argentero- Veniamo ancora pagate di meno, senza appoggi esterni fatichiamo a trovare spazio, le madri devono fare 300 cose insieme, e se viviamo delle inquietudini, come Chicca nel film, spesso non vengono comprese”. Era “il mio sogno fare da grande una rapina, sto capendo come si fa – scherza Ilenia Pastorelli -. Il mio è un personaggio molto arrabbiato con la vita e ha il coraggio di esserlo, mentre le donne spesso tendono a reprimersi per non esporsi e essere giudicate male”. Silvia D’Amico ha aderito “subito alla storia per la verità che contiene. Le protagoniste reagiscono a una società chiusa unendosi, compiendo un gesto di ribellione”. In un film, dove gli uomini vengono raccontati in tonalità diverse dall’incarnazione del male (Vado), al “prete figo’ (Max Tortora), il commissario Gianni Morandi, con baffi e capelli sale e pepe, è una presenza empatica: “per prepararmi Michela ha cominciato a mandarmi foto di Tom Selleck e William Hurt – dice sorridendo Argentero – io ho pensato principalmente al mio papà. Al suo essere uomo, che qui rappresenta un contraltare ai personaggi maschili negativi della storia. Siamo in un momento storico in cui fare un complimento a donna sembra a volte quasi un’aggressione, in realtà conta come lo fai”. Per la regista era importante anche rendere al meglio la parte action della storia: “ho studiato e sudato – dice Michela Andreozzi -. Ho una grandissima passione per Soderbergh, ma ho pensato anche alle comedy più spiritose come The italian job”. Sul set di sicuro si respira grande armonia: “La verità è che pensavo fosse molto difficile coordinarsi in un cast di donne invece tra noi si è creato un bell’equilibrio – commenta Ilenia Pastorelli – poi le quote rosa alla regia in Italia sono poche, vanno sostenute”. Ambra però non ci sta a una limitazione ‘di genere’ per il film: “l’ho accettato perché fa ridere e riflettere non perché è diretto da una donna. Non chiudiamo nei cliché”.

Ansa

 

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