Álvaro Soler: «Anche quest’anno mi scongelo con l’estate. Ho saltato il 2020 per la pandemia»

Arriva la primavera e Álvaro Soler, viene scongelato. Con il bel tempo germogliano le sue canzoni leggere, con quel tocco latino che fa venire voglia di spiaggia, ma senza il tamarro di fianco che urla al telefono stile Papeete. All’inizio l’idea di essere una voce legata a una stagione lo disturbava. Oggi è il primo a scherzarci. Per annunciare la sua nuova «Magia» (venerdì era la più alta entrata in radio, l’omonimo album esce il 9 luglio) ha realizzato un video in cui lo si vede in fuga dalla civiltà, immerso in un panorama nevoso, ricevere via radio una richiesta d’aiuto: «Se sei in ascolto, se sei scongelato, abbiamo bisogno della tua speranza».

«El mismo sol» nel 2015, «Sofia» nel 2016, «Yo contigo, tú conmigo» nel 2017, «La cintura» nel 2018 e «La libertad» nel 2019: hit estive che l’hanno portata 4 miliardi di stream nel mondo e 20 platini solo in Italia. Le dà fastidio essere considerato uno da tormentone estivo?

«Dopo “El mismo sol” nessuno in Italia, primo Paese a farla diventare un successo, voleva un mio singolo autunnale. “Basta con la musica spagnola, l’estate è finita…” dicevano. Mi sembrava strano aver ricevuto tutto quell’amore e poi basta…».

Quando ha cambiato atteggiamento?

«A X Factor ho scoperto la vostra autoironia. Fedez si prendeva sempre in giro… Ho iniziato a ridere alle battute su di me e Bublè che ci diamo il cambio: lui a Natale e io a primavera. Quando ho fatto il video per “La cintura” ho deciso di ironizzare sul mio non saper ballare… “ma come, uno spagnolo non sa ballare?”. Sono di Barcellona e lì non abbiamo il gene… Da allora non ho imparato passi ma ho vinto l’insicurezza».

Perché ha saltato il 2020?

«L’anno scorso in molti mi chiedevano una canzone come risposta alle cose che andavano male, ma la situazione che stavamo vivendo mi aveva staccato dalla musica. Poi ho capito che avevano ragione loro e ho promesso che una volta finito sarei tornato. È stato incredibile chiudere il cerchio e fare un brano così tanto ispirato dalla gente».

Però siamo tornati in lockdown…

«Ho scritto “Magia” nel periodo delle riaperture, quando ho assaporato quelle libertà che prima non avevamo e di cui parlo nella canzone. Quando ero a Madrid per lavoro, sono andato a bere una birra e mi è sembrato il massimo della gioia».

Da bambino era affascinato dai maghi?

«No. E se poi erano clown-maghi avevo paura. La magia della canzone è quando senti qualcosa che non sai descrivere e proprio per questo pensi che sia magico».

L’ultima volta che l’ha sentita?

«Poche ore fa. Mi sono visto a pranzo con mio fratello. Toast con avocado, parmigiano, uova e olio tartufato. La magia è nelle piccole cose».

Nel video e sulla copertina è circondato dal verde: si sente green?

«Durante il lockdown ho visto quei video con gli animali che giravano liberi per le strade. Spero che questo abbia mostrato a molti la necessità di rispettare il pianeta. Quando si potrà, mi piacerebbe organizzare incontri con il pubblico per raccogliere la plastica dispersa nell’ambiente».

Il lockdown di Soler?

«A Madrid con Sofia (Ellar, la compagna cantautrice, non quella della canzone ndr). Era da un po’ che non ci vedevamo per i rispettivi impegni di lavoro ed è stata una scusa per stare insieme. All’inizio ero preoccupatissimo: uscivo solo una volta alla settimana per andare a fare la spesa e rientrato in casa facevo la doccia per igienizzarmi… Quando la situazione è migliorata sono tornato a Berlino. Lì mi ha colpito vedere che nessuno usava la mascherina, come se nulla fosse accaduto. Vedere questa libertà mi ha aiutato, mi ha dato ispirazione».

La nuova scena musicale le piace?

«La mia parte creativa riceve stimoli dalla nuova musica più di quanto non accadesse in passato. A volte provo a cantare come J Balvin o Bad Bunny e mi vengono melodie più urban: poi uso la mia voce ma nella versione finale resta un tocco moderno. È un po’ strano il business, non ti permette di fare cose diverse da quello che funziona».

Si sente limitato?

«Da 4 anni lavoro a un progetto di una ballad da cantare in lingue diverse e con ospiti diversi in ogni Paese. Come fece Phil Collins con Tarzan. In America latina però se non è reggaeton non va in radio e nelle playlist più forti dello streaming. Ho deciso di mandare a quel Paese il sistema e farla uscire comunque».

Andrea Laffranchi, Corriere.it

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