TEA FALCO: «MAI PIÙ “FIDANZATI”»

Al Cortinametraggio, l’artista gioca sulla neve con l’amica Joan Thiele. E ritorna al suo trauma infantile («Per un disturbo dell’attenzione, mi chiamavano La Bella Addormentata»), di un nuovo modo di vivere l’amore («Nel silenzio del non-detto») e di un figlio. Sognato ai bordi di uno stagno

«Un trauma nell’infanzia. Questo accomuna noi artisti. Io da piccola mi sono sentita molto presa in giro dai miei coetanei. Avevo una soglia di attenzione diversa, badavo più ai dettagli che all’insieme, e me ne stavo molto dentro di me. Questa cosa non era capita, mi chiamavano La Bella Addormentata e io soffrivo. Alla fine dei conti non siamo tutti che degli sfigati frustrati in cerca di riscatto».
Tea Falco, 30 anni, progetti in corso 1993 – La serie e la regia di un documentario sulla sua Sicilia in cui torna a usare il colore dopo tanto bianco e nero, al Cortinametraggio è nelle vesti di giurata. Tra una web serie, una visita alla galleria Contini e una passeggiata sull’ultima neve in compagnia dell’amica cantautrice, Joan Thiele, 25, gli scambi si fanno alti: «Sono così buona che perfino da bersaglio della cattiveria sui social per 1992 ho pensato fosse giusto che ognuno potesse esprimere il proprio giudizio, anche se io orrori del genere non li avrei scritti mai».
Stato civile? «Il fidanzamento è anni Novanta: l’umanità evolverà a tal punto che non lo cercheremo neanche più. L’amore invece sta nel non detto. Un figlio? L’animale uomo mi piace così tanto che credo lo farò, come non posso dirlo, non lo so, devo trovare prima la persona giusta: una che m’insegni». A prescindere da età, razza, sesso? «Sì, a prescindere dal sesso, anche. È questione di Entanglement, un concetto della fisica quantistica: legame di natura tra particelle. E pure al mio bambino, se mai l’avrò, non insegnerò come si lancia un sasso nello stagno, lo farò e basta. E lui osserverà i cerchi».

Lavinia Farnese, Vanity Fair

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