Will Smith dà il volto a Richard, il padre delle campionesse Serena e Venus Williams

La maglietta con su scritto «Ve l’avevamo detto» quel 28 marzo 1999 decise di non indossarla in onore all’insegnamento materno: «Non strafare». Ma la foto di Richard Williams — due bandierine a stelle e strisce sul cappello e una lavagnetta bianca con la scritta a pennarello «Welcome to the Williams show», con doppio punto esclamativo — resta il simbolo della finale del Lipton (ora Miami Open) tra le figlie Venus e Serena che fece aprire gli occhi a chi ancora dubitava. Lui, in verità, aveva stretto un patto con il destino ancor prima della loro nascita. «Richard aveva profetizzato tutto: dopo aver visto una partita di tennis in cui Virginia Ruzici aveva vinto un premio di 40 mila dollari, due anni prima della nascita delle ragazze, aveva scritto il piano per la loro carriera. È andato da Oracene, la moglie, con questa profezia: avere due figlie che sarebbero diventate le tenniste numero uno e numero due di tutti i tempi». Will Smith ha sfiorato l’Oscar due volte, per il Mohammed Ali di Michael Mann e il Chris Gardner deAlla ricerca delle felicità di Muccino. In molti sono pronti a scommettere che sarà buona la terza: la sua interpretazione del protagonista di King Richard. Una famiglia vincente di Reinaldo Marcus Green, i n sala il 13 gennaio per Warner Bros .

Padre e manager

Ovvero l’allenatore e manager delle due piccole di casa, Venus e Serena, interpretate da Saniyaa Sidney e Demi Singleton. Non prima di aver preso sei mesi di lezioni di tennis e aver trovato vere giocatrici come controfigure. Richard le trascinava sui campi da tennis abbandonati di Compton, in California, con il pulmino Volkswagen del 1978 e si alternava al di là della rete con la moglie Oracene (Aunjanue Ellis) anche lei tennista autodidatta, con le altre figlie a fare le raccattapalle. Poi da manager, andò in cerca di un allenatore professionista per le ragazze nei circoli più esclusivi, sui campi di terra rossa dove, erano i primi anni ’90, era più facile veder atterrare un’astronave marziana piuttosto che veder giocare un nero.

L’ammirazione di Will Smith

Will Smith si è innamorato di lui, racconta, dopo averlo visto correggere un giornalista tv troppo aggressivo con Venus, allora quattordicenne. «Mi colpì lo sguardo di lei, così sicura che il suo leone, suo padre, non avrebbe permesso che le succedesse qualcosa. Quando il giornalista dubita, con cinismo, della certezza di Venus di poter battere la sua avversaria, il padre lo interrompe e ricorda che l’intervistata è una ragazzina. Quell’immagine mi ha colpito al cuore. È come vorrei fosse quello di mia figlia Willow». Un manuale di genitorialità, sostiene l’attore, che fa il paio con l’ormai leggendario libro di 78 pagine scritto da Richard per fare delle sue creature due top player assolute. Venus che vinse sette Grand Slam e Serena che moltiplicò per tre con il resto di due.

Tanti sacrifici

Un padre coach, dice Smith, coproduttore insieme alle campionesse e alla loro sorella Isha Price, ma non un padre padrone. «Ha trovato il giusto compromesso, non le ha mai forzate. Le ha guidate verso un sogno condiviso da tutta la famiglia». Conquistato con grandi sacrifici. Venus glielo ha confermato. «Mi ha detto: “La nostra punizione era non poter giocare a tennis. Ma non doveva mai spingere, costringerci. Era come se ci fosse un incantesimo: lui gettava sul fuoco una benzina che io e Serena avevamo già dentro”».

Il razzismo

Contro il resto del mondo. Una famiglia vincente racconta la diffidenza e il razzismo incrociati dalle Williams nella loro formidabile parabola. «L’industria del tennis ancora oggi mette in questione il loro genio» puntualizza Aunjanue Ellis. In una delle scene clou «King Richard» ricorda di essere stato picchiato da bambino, in Louisiana, da una banda di ragazzini bianchi e di aver visto suo padre scappare anziché correre in suo aiuto. E forse non a caso scelse proprio uno sport più inaccessibile ai neri per le sue figlie. Lo stesso Will Smith nell’autobiografia uscita di recente, ha raccontato qualcosa di simile del suo, la sensazione di non essere rispettati. E, dunque, capisce bene il senso di rivalsa di Williams senior. «Questo non è solo un film sul tennis, ma su una famiglia, sulla fede, sull’amore e sul trionfo. Un sogno impossibile realizzato grazie a una determinazione granitica». Per dirla con le parole di Richard, «C’era del metodo nella mia pazzia».

Stefania Ulivi, corriere.it

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