SUGLI SCHERMI DI NATALE, CANI E GATTI SONO LE SUPERSTAR

Non sono solo comparse ma rubano la scena agli attori, tra storie vere commoventi e commedie da ridere

cane2L’unico traguardo che non hanno ancora raggiunto è l’Oscar. E, in fondo, è un’ingiustizia, perchè i loro ruoli sono spesso degni di nomination e se si dovesse comporre una cinquina, ci sarebbe l’imbarazzo della scelta. Cani e gatti rubano la scena agli attori, hanno funzioni cruciali nell’evoluzione delle storie, guadagnano la simpatia del pubblico come capita ai protagonisti umani.
Fuori dal colorato mondo dei cartoni animati, dove hanno regnato da sempre grazie a indimenticabili epopee, i divi a quattro zampe occupano ormai la scena di importanti film d’autore, con parti funzionali alla narrazione, insomma non da comparse, ma da vere star. D’altra parte sembra che già durante la prima edizione degli Oscar del 1929 i membri dell’Academy abbiano dovuto risolvere il problema Rin Tin Tin, votato più di Emil Jannings, protagonista della storia.
Mania partita dal web
La mania ha a che fare con il web, impero dei «gattini» cliccati più di qualunque altra cosa, ma è un fatto che, anche limitandosi alle ultime settimane, gli animali domestici più amati e diffusi troneggino in una valanga di film. Nel cinepanettone di casa De Laurentiis, i cani della Regina d’Inghilterra sono il motore della vicenda. Per rubarli e chiederne il riscatto, Lillo & Greg si introducono a Buckingham Palace, ospiti, non invitati, del tradizionale pranzo riservato da Sua Maestà e ai quadrupedi ultrachic dei nobili britannici. La carrellata che li riguarda, con i primi piani sulle diverse acconciature, è uno dei momenti clou della pellicola.
Si ride molto, come in Vita da gatto di Barry Sonnenfeld, il regista della trilogia di Men in Black stavolta alle prese con lo strano caso del magnate Tom Brand (Kevin Spacey), antipatico, egocentrico, abituato a trascurare moglie e figlia e quindi vittima di una meritatissima nemesi. In seguito a un incidente e grazie ai poteri magici di Felix Perkins (Christopher Walken), il miliardario si ritroverà nel pelosissimo corpo di Mr Fuzzypants, il felino che aveva donato alla sua bambina. I momenti migliori sono quelli affidati agli animali veri, mentre deludono le sequenze con gatti replicati in CGI.
Cuccioli in primo piano
Commovente e basato sulla realtà è invece A spasso con Bob, regia di Roger Spottiswoode, tratto dall’omonimo best-seller (pubblicato in 30 Paesi, 7 milioni di copie vendute), sulla vicenda dell’artista di strada James Bowen (Luke Treadaway), precipitato nel tunnel della droga e salvato dall’incontro con un gatto rosso che attira gli sguardi di gente per cui prima Bowen sembrava essere invisibile. Le immagini della coppia, riprese dai cellulari e lanciate su You Tube, fanno il giro del mondo e l’artista sfortunato trova la forza per ricominciare.
Alla storia speciale di A spasso con Bob si oppone la quotidiana, poetica normalità di Paterson, dove la cagnolina Nellie intrattiene un costante dialogo con il protagonista Adam Driver, seguendone gli spostamenti del cuore e della mente. Per la sua performance all’ultimo festival di Cannes, Nellie ha guadagnato l’annuale «Palm Dog» assegnata da una giuria internazionale di critici. Nel 2011 il riconoscimento era andato a Uggie, il cane in bianco e nero del premiatissimo The Artist.
Dopo le feste, il 19 gennaio, arriva Qua la zampa, diretto da Lasse Hallstrom (il regista di Hachiko), tratto dal romanzo Dalla parte di Bailey di William Bruce Cameron. La voce di Bailey, cucciolo buffo e saggio che tra mille peripezie e tanti padroni riesce a mostrare a chi lo segue il senso più profondo dell’esistenza, appartiene a Gerry Scotti. Negli Usa il romanzo è uscito nel 2010 ed è rimasto per 49 settimane nella classifica dei libri più letti del New York Times. Ormai è evidente. A salvarci saranno cani e gatti. Lo sappiamo dai tempi di Colazione da Tiffany, quando Audrey Hepburn ritrovava se stessa cercando il suo Gatto (nella realtà Orangey, ma lei lo definiva «povera creatura senza nome») abbandonato sotto la pioggia battente.

di Fulvia Caprara, La Stampa

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