Grazie alla raccolta di 141 mila firme nel 2015 il prossimo 4 marzo i cittadini si esprimeranno sulla cancellazione. Ma i partiti di destra e sinistra bocciano l’iniziativa
Eppure non sono pochi coloro, soprattutto tra i 6 mila collaboratori della Ssr, a temere che, il 4 marzo, gli svizzeri, che già hanno abolito i minareti, votato contro l’integrazione europea e la libera circolazione delle persone, nonostante il parere contrario della maggioranza dell’esecutivo e del legislativo, finiscano per liberarsi del canone, creando attorno a sè un vuoto mediatico, difficile da colmare.
Senza Ssr, infatti, sparirebbero i programmi radio-televisivi e i siti online in 4 lingue, diffusi oggi, ma vacillerebbero anche molte emittenti locali, che pure usufruiscono di una quota del 6% del canone, per sopravvivere. “Il clima che avverto è pessimo, in quanto molti svizzeri non hanno ancora capito la portata di questo voto”, spiega a Repubblica Renato Minoli, presidente del sindacato del personale Ssr della sede di Lugano.
“Tenga presente – aggiunge – che, se l’iniziativa passasse, dal primo gennaio 2019 l’azienda chiuderà, 6 mila persone rimarranno disoccupate, senza considerare l’indotto, mentre le frequenze verranno messe all’asta e, verosimilmente, diverranno preda di network esteri, cui fa gola un mercato ricco come il nostro”. Intanto, uno sondaggi più recenti, effettuato dal quotidiano Tages Anzeiger di Zurigo, dà i fautori di “No Billag” in lieve vantaggio. I contrari confidano negli indecisi, stimati attorno al 16%. Che il voto si preannunci tirato lo dimostra, non a caso, la decisione odierna del Governo di abbassare il canone di circa 100 euro. “Pagherete un franco al giorno”, è stato annunciato, con una certa enfasi. “Anche in questo caso- annota Minoli -ci saranno, però, inevitabili e importanti tagli di bilancio, con pesanti ricadute sui programmi e il personale”.
Franco Zanotelli, Repubblica.it