DAL LIBANESE ALLA RADIO: “SPERO CHE JEEG ROBOT CAMBI IL NOSTRO CINEMA”

Francesco MontanariComplicato non chiedergli del Libanese. Guardi Francesco Montanari e nella tua testa scatta un «A Libbanè, piamose Roma». Lui sa bene che deve tanto a quel ruolo, e non può non essergli affezionato, ma – dice – non vuole «fare come Stallone con Rocky». Al Libanese della serie Sky Romanzo Criminale dice grazie: «È stata un’esperienza importante, per tutti noi che vi abbiamo partecipato e per la stessa televisione». Ma è il passato, a 32 anni si guarda avanti, non indietro: «Mi auguro di interpretare ancora personaggi così forti». Siamo in via Asiago, a Roma, Montanari scherza con il compagno di avventura radiofonica (ma anche teatrale) Alessandro Bardani, si affaccia alla finestra e manda un bacio alla moglie, Andrea Delogu, in partenza per Milano. Si accende una sigaretta e inizia a raccontarsi un po’, partendo dall’inizio, dal Francesco ragazzino che ad Alessandrini, quartiere periferico di Roma, sognava di fare l’attore: «Ho scoperto presto di avere la passione per il teatro, già alle scuole medie. Ricordo le lezioni di lettere di fratel Remigio, erano veri spettacoli, mi affascinava. Ogni fine anno, poi, metteva in scena una recita con gli alunni. In seconda media feci Mastro Titta in Rugantino, imitavo un compagno che l’anno prima aveva imitato Aldo Fabrizi. L’imitazione di un’imitazione… Mi divertii tanto che dissi: voglio farlo tutta la vita». E così è andata.

«Al liceo mi regalarono un libro di Andrea Camilleri nel quale scriveva della scuola di teatro “Silvio D’Amico”, io nemmeno sapevo che esistesse. Oddio, in realtà forse la conoscevo… Però quel libro mi segnò». Fece l’esame di ammissione. E lo fece anche per il Centro sperimentale di cinematografia: «Ma Pupi Avati mi bocciò: “Sai, tu potresti piacere a tanti registi, ma non a me”. Alla “D’Amico” invece mi presero. Qualche anno fa mi hanno presentato Pupi Avati, lui ovviamente non ha riconosciuto quel ragazzino che aveva bocciato e io non gli ho detto nulla». Oggi, chissà se lo respingerebbe ancora. Chi lo ha voluto è Daniele Vicari per il suo Sole cuore amore. Era in predicato di andare alla Mostra di Venezia, lo vedremo al cinema. Con Montanari ci sono Isabella Ragonese ed Eva Grieco: «Sono Mario, vivo a Torvaianica, sono sposato e ho quattro figli. Perso il lavoro, mi ritrovo a fare il “mammo” perché mia moglie – Isabella -, ha trovato lavoro a Roma e ogni mattina deve alzarsi alle 4. Un film su vite normali. Mario è un eroe quotidiano». Di prossima uscita è anche Ovunque tu sarai, opera prima di Roberto Capucci. Con lui Ricky Memphis, Primo Reggiani. Montanari: «Siamo quattro amici, tifosi della Roma che nel 2008 fanno un viaggio a Madrid per vedere la partita di Champions con il Real Madrid. E dire che io di calcio non capisco proprio niente. Ricky e Primo hanno dovuto darmi ripetizioni». Non è stato d’aiuto nemmeno che l’amata Andrea abbia affiancato Enrico Varriale al Processo del lunedì: «Niente, il calcio non è roba per me». Meglio il cinema: «Lo chiamavano Jeeg Robot ha tirato un sasso, spero che altri lo seguano. Io spero un giorno di lavorare con Paolo Virzì e Francesco Munzi. E poi, visto che recito anche in inglese…». Bardani è pronto, è ora di registrare gli sketch di Happy Hour, in onda tutti i giorni alle 19,45 su Rai Radio 2, fino al 7 agosto: «È un omaggio ai radiodramma nei quali lavoravo ai tempi della “D’Amico”. Un programma sperimentale, sintesi dello spettacolo che facevamo in teatro, La più meglio gioventù, scritto da Bardani stesso».

La Stampa

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