Covid, Klaus Davi: “Virologi in tv? Narcisisti, pop e presenzialisti, ma funzionano”

I virologi in tv? “C’è una indubbia sovraesposizione, sono ormai diventati obtorto collo ‘pop’, hanno esagerato, ma la realtà è che se li invitano c’è richiesta, in tv funzionano”. E’ l’analisi di Klaus Davi che, in un’intervista con l’Adnkronos, indaga sui motivi del successo dei virologi star della tv, amati, detestati, ma sempre sulla cresta dell’onda (e dello share). “Posso capire chi li manda in onda, perché sono visti come i saggi, la gente ha bisogno di risposte e loro, anche contraddicendosi a volte, sono però figure di riferimento”, spiega il giornalista.

Che analizza: “E’ gente di grande potere in questo momento, perché toccando la salute tocca temi che sono in cima all’interesse dei cittadini. Sono diventati dei divi, anche se molti di loro non volontariamente, ma il loro presenzialismo non mi dà fastidio”, spiega Davi. Che, da Bassetti a Crisanti, da Burioni a Capua, da Galli a Locatelli, solo per citarne alcuni dei più noti, dà una spiegazione sul perché siano sempre gli stessi quelli che compaiono nei talk show televisivi: “Sono quelli che funzionano -dice il sondaggista- Sono autorevoli e danno delle risposte con delle modalità che evidentemente funzionano. Così diventano, per lo spettatore a casa, delle facce familiari, delle figure rassicuranti”.

Il narcisismo “è scattato, ma è anche normale, dato che sono sempre in video. Non mi sento di criminalizzarlo, possiamo anche cambiar canale. Peraltro ormai con Facebook, Instagram, ci dobbiamo scandalizzare di questo?”, si chiede Davi. Che ammette: “A me i duetti fra Bianca Berlinguer e Galli piacciono, non mi infastidiscono”. E se ognuno ha il proprio stile (“C’è quello più istituzionale come Locatelli, c’è quello più informale come Galli”, dice Davi) “non credo ci sia una macchina di marketing dietro. Ho stima di loro perché non è facile raccontare la morte ogni giorno”. Anche perché, è la precisazione del giornalista, “si va per fasi. Quando ci sarà la ripartenza, non ne potremo più di sentirli parlare, non li vorremo più vedere. Avremo voglia di storie positive, quelle del covid resteranno un ricordo”.

Ilaria Floris, Adnkronos

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