Il dolore di Massimo Boldi: “Loredana sta con un amico”

Quando venerdì Massimo Boldi ha visto su Dagospia le foto della compagna Loredana De Nardis abbracciata a un altro, è stato un colpo. Ammette: «A momenti, mi veniva un infarto. Quattordici anni insieme non sono pochi. Mi ha fatto male scoprire il tradimento da una paparazzata e mi ha fatto male che nelle foto lei si comportasse da innamorata».

Però non si baciavano: non ha pensato che ci fosse un’altra spiegazione?
«No, perché avevo già dei sospetti: da due anni, lei era sfuggente. Da sei mesi, avevamo letti separati. E poi ho riconosciuto lui e mi è stato chiaro tutto».

Lui, il «settantenne di Castiglione della Pescaia» non meglio identificato?
«È un mio amico, anche se non caro. Non dico il nome, sono fatti loro. A me è dispiaciuto perché da tempo chiedevo a Loredana cosa non andava. Avrei preferito chiarezza».

Vi siete parlati, adesso?
«Io all’inizio stavo troppo male, non ho fatto niente. Poi mi ha telefonato un amico: l’aveva vista salire su un treno per Grosseto. Mi sono messo in macchina e mi sono piantato davanti alla stazione di Grosseto».

E che ha fatto?
«Ho aspettato. Dopo poco, sono arrivati insieme. Ho detto: “Eccomi qua. Complimenti, ho visto che vi amate. Ho visto che cammini abbracciata a lui come con me non fai più. Se me lo dicevate prima, non era mica meglio? Sono venuto a dirvi che fate bene a stare insieme e che sono felice per voi e per me”».

E Loredana?
«Si è richiusa nell’auto da cui stava scendendo. Io sono tornato a Milano. È finita così, ma ho avuto la soddisfazione di guardarli in faccia e dire quello che pensavo».

Adesso come sta?
«Sto che sto andando alla messa di commemorazione di mia moglie, Marisa, mancata il 28 aprile 2004 dopo dieci anni di malattia, e che ho amato immensamente. Mi è stata vicina negli alti e nei bassi, abbiamo cresciuto tre figlie. Quando è morta, ero disperato. Poi ho conosciuto Loredana, mi ci sono aggrappato per dimenticare e mi si è riaperto il cuore».

Come vi siete conosciuti?
«Ero a Roma per girare Christmas in Love. Mi ha avvicinato al bar per un autografo. In quel momento, chiama Gino Paoli. Ero vedovo da cinque mesi, Gino mi invitava a un suo concerto, io ero solo, non volevo andare, lui insisteva e ho chiesto a quella ragazza di accompagnarmi, ma senza fini sentimentali».

Poi?
«All’Auditorium lei vede i fotografi e si nasconde, dice “sono sposata”. Le foto sono uscite sui giornali e le mie figlie non sono state contente. Non ci siamo sentiti per due mesi, poi l’ho invitata alla prima di Christmas in love. Dopodiché, ho portato le ragazze a Miami, era il primo Natale senza Marisa. Lì, mi sono scoperto a messaggiarmi con Loredana e a chiedermi: ma sono scemo?».

Perché scemo?
«Avevo avuto un amore troppo grande per innamorarmi di una più giovane di 29 anni, che viveva separata in casa col marito, a Frosinone, e aveva una figlia di otto anni. Ma poi il rapporto è diventato più profondo. Ho preso un appartamento a Roma, lei ci veniva sempre. Ho conosciuto il marito. Per anni, le ho chiesto di lasciarlo, ma aveva sempre una scusa: la figlia troppo piccola, la figlia che era grande e non poteva cambiare scuola, poi la figlia ha avuto 18 anni e le scuse non reggevano più».

Dagospia scrive che era spogliarellista nella scuderia di Riccardo Schicchi.
«Se è vero, lo scopro ora. So che ballava nelle discoteche. Ho immaginato che fosse più che cubista, sapevo, non sapevo, preferivo non sapere. Importava solo che ci volessimo bene. Nel 2007, le ho proposto io di fare l’attrice: un po’ il suo lavoro m’imbarazzava».

L’ha fatta recitare in una decina di suoi film.
«Ho cercato di renderla indipendente. Le ho dato fiducia, ho tolto tempo alle mie figlie per lei. Mi sono illuso che un uomo potesse avere un futuro con una donna più giovane. Tutti dicono “poi lei diventa la badante”, però io, a 72 anni, sono in forma e ancora ci speravo».

Ora sembra tranquillo. Ha versato qualche lacrima?
«Ho pianto, ma perché il dolore era lo stesso di quando è mancata mia moglie. E invece so che, adesso, non ha senso soffrire come allora».

Candida Morvillo, Corriere della Sera

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