Cosa cambierà dopo il viaggio di William e Kate Middleton ai Caraibi

«Un tour che ha reso più pressanti le domande sul passato e sul futuro della monarchia»: con queste parole il duca di Cambridge ha salutato i Caraibi dopo l’impegnativa missione in Belize, Giamaica, e Bahamas in rappresentanza della regina. Un’importante «lezione» per il futuro re, che ha ben chiaro cosa farà quando sul trono siederà lui

Doveva essere il viaggio che avrebbe rinsaldato il legame tra le ex colonie e la monarchia. È stata una lezione soprattutto per la Corona. È quanto osservano i commentatori britannici all’indomani del rientro in patria dei Duchi di Cambridge dal loro tour di una settimana tra BelizeGiamaica e Bahamas.

Un viaggio difficile, a detta di tutti, il cui obiettivo è stato solo in parte raggiunto. E non per colpa di William e Kate Middleton che anche dalla popolazione locale – nonostante le contestazioni – sono stati accolti con entusiasmo, riuscendo a togliere un po’ di patina all’immagine polverosa che della monarchia hanno nelle ex colonie. Ma per via dell’apparato organizzativo che ha mantenuto vecchi schemi e meccanismi, che hanno provocato parecchi mal di pancia alle (pur pubblicamente sorridenti) autorità locali. 

Tanto da far fallire l’obiettivo primario: riportare sulla «retta via» i vicini di casa della transfuga Barbados e allontanare il pensiero dell’indipendenza: in Giamaica, addirittura il primo ministro Andrew Holness ha detto chiaro e tondo ai reali «il nostro Paese deve andare avanti» e rescindere ogni legame con la Corona. 

William, che alla scuola per futuri re è tra i primi della classe, ha recepito i segnali e, se già durante il viaggio ha preso la decisione di «far sentire la sua voce» in merito alla questione del colonialismo e dello schiavismo,  poche ore prima di decollare per il Regno Unito ha rilasciato un comunicato in cui riconosceva le «lezioni apprese» in questo viaggio che «ha reso più pressanti le domande sul passato e futuro» della monarchia, e affermato che in Belize, Giamaica e Bahamas sta alle popolazioni decidere del loro futuro».

«William e Kate sono rimasti feriti dagli attacchi che facevano riferimento al passato coloniale della Corona», ha scritto il Sun. «Ma loro sono freschi e moderni e vogliono rendere moderno anche il loro modo di lavorare. Per questo, una volta che il re sarà William molte cose cambieranno nel Commonwealth e a Buckingham Palace». Una struttura più snella in primo luogo (stando alle fonti del Sun, William passerebbe da 137 a 70 persone nello staff: un bel taglio del personale), libertà di uscire dal Commonwealth per chi lo ritenesse opportuno, e regole in generale meno rigide.

È quello che i tabloid chiamano The Cambridge Way, il metodo Cambridge. E che ridefinirà il futuro della monarchia britannica, assicurandone la sopravvivenza. William non è uno sprovveduto e neanche un «ribelle senza causa»: «Il Principe non rinnega il lavoro e il metodo della nonna. È da lei che ha imparato il mestiere, per così dire. Ma proprio da lei ha imparato anche l’importanza di riconoscere i cambiamenti e del sapersi adattare a essi senza snaturarsi», osserva ancora il Sun.

Già ne ha dato prova anche in questo viaggio ai Caraibi e non solo nei suoi discorsi: stando a quanto riferiscono fonti locali, pare infatti che William, per esempio, non fosse d’accordo con il giro in Land Rover che tanto è stato contestato in Giamaica perché accusato di richiamare l’epoca colonialista. Peccato che l’intuizione del Principe non abbia trovato sponda nell’apparato governativo e sia stata accantonata.

William però è dell’idea che sia giusto che il monarca abbia più voce in capitolo. «Il principe ritiene che i giorni del Never complain, never explain siano finiti: era un approccio che andava bene una volta, ma ora non più», scrive il Daily Mail citando fonti vicine ai Cambridge. Nel regno di William, «la monarchia parlerà, se avrà qualcosa da dire». Anche perché lui è un uomo lungimirante: «sa guardare avanti, e sa ascoltare davvero la gente. Ha una chiara visione del futuro, sa che i prossimi 40 anni porteranno ulteriori cambiamenti e vuole che la monarchia continui a essere una forza unificatrice, un ponte tra passato e futuro. Il suo desiderio è riuscire a costruire il suo regno sulle già solide fondamenta del regno di sua nonna».

Il primo passo lo ha fatto ai Caraibi, dichiarando di «provare dolore per i danni provocati dal colonialismo», poi con il comunicato finale sulle «lezioni apprese», ma soprattutto ipotizzando che un giorno potrebbe non essere lui a guidare il Commonwealth: una dichiarazione che – secondo i commentatori – «non è l’inizio della fine del Commonwealth, ma un suo rafforzamento».

«È stata una mossa astuta, come rilasciare quel comunicato prima della partenza», ha affermato Tobias Ellwood, presidente Conservatore della Commissione Difesa dei Comuni: «Ventilando l’ipotesi di allargare in maniera democratica la leadership del Commonwealth ha dimostrato saggezza e lungimiranza, perché sulla distanza sarà inevitabile che questo accada. Magari sarebbe stato più opportuno dirlo prima di partire, si sarebbero risparmiati polemiche e ostilità».

Ma a Londra sapevano che quella nei Caraibi non sarebbe stata una missione semplice. Per questo erano stati scelti proprio William e Kate per rappresentare la Regina in questo viaggio del Giubileo. La freschezza e la modernità del futuro regno di William sono in nuce già nella quotidianità dei Duchi di Cambridge. Che, pur se in quanto membri della famiglia reale non sono stati esenti da critiche e contestazioni, come William e Kate sono piaciuti e sono riusciti – pur nella limitata naturalezza di un royal tour – a essere spontanei, creando intorno a loro un’atmosfera rilassata e amichevole. 

Lo hanno dimostrato loro stessi, lasciandosi andare ad affettuosità, cui non sono avvezzi in pubblico, durante l’ultima tappa dello loro tour caraibico. Segno che la tensione era scesa. Ma anche che il loro futuro potranno costruirlo come vorranno perché avranno sempre il sostegno l’uno dell’altra.

vanityfair.it

Torna in alto