‘Belle speranze’, i giovani e il cinema in 70 anni di film, foto e memorabilia

Fino al 15 marzo al Mattatoio di Roma la mostra che racconta i film e l’Italia dal 1948 al 2018 attraverso i racconti che registi come Fellini, Moretti, Pasolini, Pif hanno fatto delle giovani generazioni

I vitelloni felliniani, gli anarchici di Moretti, la ragazza con la valigia di Zurlini, gli innamorati della Palermo antimafia di Pif, la meglio gioventù di Giordana, i compagni di scuola di Verdone e i ragazzi di strada di Pasolini. Settant’anni di storia dell’Italia attraverso il cinema e il racconto dei giovani di ieri e di oggi, Belle speranze: il cinema italiano e i giovani (1948-2018) è la mostra multimediale ideata da Fondazione Ente dello Spettacolo e curata da Gianluca Arnone, Maria Grazia Cazzaniga ed Emanuela Genovese è al Mattatoio di Roma La Pelanda dal 30 gennaio al 15 marzo 2019.”Nata dalla proposta del Sinodo sui giovani voluto da Papa Francesco, la mostra vuol restituire attraverso l’immaginario cinematografico (e non solo), l’esperienza politica, sociale, culturale e religiosa dei ragazzi italiani degli ultimi 70 anni. Belle Speranze traccia un possibile percorso di senso per ogni generazione” – spiega Mons. Davide Milani, Presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo – Il cinema e l’industria culturale nel tempo sono stati gli strumenti che meglio hanno saputo mettere in scena e raccontare gli ideali politici, i sogni di riscatto e le conquiste personali e sociali, le cadute e i fallimenti dei giovani”. “Siamo partiti da un progetto di filmografia che doveva rappresentare i sette decenni e trovare all’interno di ogni decennio quei titoli che potessero raccontare tutte le sfumature di quelle generazioni – spiega uno dei curatori Gianluca Arnone – poi da lì siamo andati alla ricerca delle fonti. Fino agli anni Settanta c’era la consuetudine preziosa di conservare le foto di scena. Abbiamo attinto a vari archivi, quello del Centro Sperimentale di Cinematografia, l’archivio storico del cinema Ase e quello dei Reporter associati, ma anche ai fondi di collezionisti o case di distribuzione. Il vero problema riguarda il materiale dei film tra gli anni Ottanta e Novanta, perché si è perso molto nel passaggio da analogico a digitale. In alcuni casi siamo andati direttamente dai registi, da Nanni Moretti abbiamo ottenuto foto di scena del periodo tra Io sono un autarchico fino a La messa è finita. L’immagine di Moretti vestito da sacerdote che gioca a pallone con i ragazzi è un’istantanea che certo racconta lo spirito del film ma anche tutta una generazione che si confrontava con una Chiesa, quella degli anni Ottanta, che entra in crisi, che si interroga”.

Chiara Ugolini, repubblica.it

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