Una delle notizie più tristi che ha funestato il sequel di Sex and the City è stata la scomparsa, a settembre scorso, di Willie Garson. Volto amatissimo di Stanford, il miglior amico di Carrie, è morto proprio durante le riprese. L’attore 57enne aveva fatto in tempo a girare i primi tre episodi, che si aggiungono ai circa trenta della serie-madre. Non solo è stato presente nei film, ma nella seconda pellicola ha rubato quasi la scena al quartetto protagonista, con il suo matrimonio da fiaba tra cigni, sculture di ghiaccio e Liza Minelli in carne e ossa sul palco del ricevimento.
Nel sequel, però, il matrimonio con Anthony inizia a scricchiolare, al punto che l’uomo si è rifugiato spesso nell’appartamento da single di Carrie per prendere una sana distanza dal marito. Fa tenerezza, poi, che dopo la morte di Mr. Big voglia stare a tutti i costi vicino all’amica, a costo d’ingaggiare una competizione con Charlotte per dimostrare chi sia la spalla migliore su cui piangere.
Nella quarta puntata, però, arriva il colpo di scena: un biglietto indirizzato a Carrie, nel suo appartamento. In poche righe Stanford le annuncia di aver lasciato gli Stati Uniti per trasferirsi a Tokyo per lavoro. Niente abbracci, saluti, né tanto meno lacrime, perché la giornalista – commenta lui – ne ha versate fin troppe dopo la dipartita dell’amico.
E no, non è un post-it come quello iconico delle promesse d’amore eterno di Grey’s Anatomy, né una rima lasciata con un dipinto sul letto di Peyton in One Tree Hill, solo per citare due esempi.
Si tratta di un pezzo di carta anonimo, anche se vergato a mano, senza un flashback, un ricordo, un elogio di alcun tipo. Qualcuno potrebbe dire che neppure per il povero Mr. Big si sono sprecati fiumi di parole, anzi il funerale minimal chic organizzato dalla moglie non avrebbe neppure avuto mezzo fiore se non fosse stato mandato da Samantha (a Londra, sempre per lavoro, tema ormai ricorrente in questo sequel poco ricco d’idee). Ma qui non si tratta, come nei due casi precedenti, di attori che si sono voluti dissociare dal progetto ma di un artista che è scomparso e che probabilmente avrebbe meritato un po’ di considerazione in più.
Stanford è l’ultimo personaggio a cui l’interprete del New Jersey abbia prestato il volto e avrebbe meritato un saluto di maggior impatto emotivo. Tra tutti i fronzoli di queste nuove puntate, di sicuro ci sarebbe stato spazio per onorare un membro della famiglia della saga.
Ha commosso, comunque, che il figlio dell’attore, Nathen, abbia partecipato alla premiere di And just like that, per ricordare il padre e il suo contributo al racconto seriale capace di segnare un’era e di rivoluzionare i canoni tv.
VanityFair.it