Simone Cristicchi: «Il mio show in tv con le 10 parole che contano»

Il progetto è controcorrente. In una tv che macina tutto a folle velocità, Simone Cristicchi con il suo nuovo programma propone di fare una cosa inedita: fermarsi e riflettere. Tema? «Le poche cose che contano», che è poi anche il titolo della trasmissione: tre serate in onda dal 7 ottobre, alle 21.50 su Tv2000. Ad accompagnare il cantautore, un suo amico, don Luigi Verdi, il religioso che trent’anni fa ha fondato la Fraternità di Romena, dove lo speciale è ambientato. «Ci sembrava giusto fare un ragionamento sull’importanza di ricominciare, specie in un periodo come questo, in cui siamo tutti a una sorta di nuovo inizio». A fare da bussola, «dieci parole, importanti, fondamentali. Ne discuteremo, canteremo, farò dei monologhi». Spiega così Cristicchi uno spettacolo che si basa sulla sua amicizia con il don: «Ci conosciamo da anni e siamo molto in sintonia. Lui oltre ad essere un sacerdote è un poeta, uno scrittore, un uomo d’arte e di parola. Io, oltre ad essere un artista, mi sento vicino al mondo della spiritualità, anche se in un senso ampio, senza dogmi».

Un’alchimia rodata nei live del cantautore: «Il pericolo poteva essere risultare diversi dai concerti. Invece Tv2000 ci ha lasciato una grande libertà, permettendoci di far passare, attraverso la telecamera, i concetti a cui teniamo. Abbiamo creato qualcosa di diverso rispetto alla tv che siamo abituati a vedere». Su dieci parole che contano, quali sono le tre che contano di più? «La prima è coraggio: serve anche solo per affrontare ogni mattina quell’avventura terribile e meravigliosa che è la nostra vita. Senza non è possibile il cambiamento. Poi ci metto la fragilità: don Luigi dice che non siamo nati per essere belli ma per essere veri, motivo per cui una persona, quando mostra le sue fragilità, diventa indistruttibile; non ha più maschere».

A chiudere il podio, ovvio, c’è l’amore: «Si rischia di cadere nel banale, eppure tutto dipende da quello». Un debutto televisivo non da poco per il cantautore: «Lo vivo come un esperimento bellissimo: spero possa piacere al pubblico ma non mi interessa molto il riscontro in termini di audience. La cosa che più mi preme è riuscire ad arrivare al cuore delle persone». Perché lui, assicura, in questo progetto ha messo il suo. Oltre a due nuove canzoni: «Un inedito che si intitola come la trasmissione e Dalle tenebre alla luce, una sorta di lettera a Dio». Ma non sa ancora dire, con certezza, in quale dio crede. «La mia ricerca è cominciata cinque o sei anni fa: prima mi ero sempre concentrato sulla memoria storica, l’ho approfondita anche nei miei spettacoli teatrali. Ho passato anni a raccogliere testimonianze sulla vita degli altri, poi ho sentito la necessità di guardare dentro me stesso, un viaggio nella mia interiorità». Un percorso lunghetto, a occhio e croce: «Non ha confini, non finirà mai. Nel mentre bisogna farsi le domande giuste». Cristicchi se le pone da allora, «come quando sono andato a cercare un’ isola di silenzio tra le suore di clausura o sono stato tra i francescani, ad Assisi. O con i buddisti: un altro mio amico è un monaco zen. Questo percorso mi ha già migliorato: non ho trovato certezze ma mi vedo molto migliore da quello che ero anni fa».

Anche rispetto a quello che trionfava all’Ariston? «Cerco di non essere più banale, di non perdere tempo nemmeno nei testi delle mie canzoni; di andare più in profondità, condividendo piccole intuizioni. Ma lascio sempre aperte le porte a Sanremo: quando avrò una canzone degna ci tornerò di corsa».

Chiara Maffioletti, Corriere.it

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