È morto Gianni Minà, un mito del giornalismo televisivo. Impegno, rigore, passione anche politica

Fu protagonista di incontri memorabili, da Fidel Castro al Comandante Marcos, dai Beatles a Maradona e Muhammad Ali. Una vita di interviste a cuore aperto, sul filo di un mondo che cambiava. Controcorrente, anche a costo dell’isolamento

Il giornalista e conduttore televisivo Gianni Minà è morto all’età di 84 anni.  L’annuncio della morte è comparso sulla sua pagina ufficiale di Facebook. “Gianni Minà ci ha lasciato dopo una breve malattia cardiaca. Non è stato mai lasciato solo, ed è stato circondato dall’amore della sua famiglia e dei suoi  amici più cari. Un ringraziamento speciale va al Prof. Fioranelli e allo staff della clinica Villa del Rosario che ci hanno dato la libertà di dirgli addio con serenità”.

Nato a Torino il 17 maggio 1938, Gianni Minà ha iniziato la carriera da giornalista nel 1959 a “Tuttosport” (di cui fu poi direttore dal 1996 al 1998). Nel 1960 debutta in Rai collaborando alla realizzazione dei servizi sportivi sui Giochi Olimpici di Roma.

Approda a “Sprint”, rotocalco sportivo diretto da Maurizio Barendson, a partire dal 1965 si occupa di documentari e inchieste per numerosi programmi, tra cui ‘Tv7’, ‘AZ, un fatto come e perché’, ‘Dribbling’, ‘Odeon. Tutto quanto fa spettacolo’ e ‘Gulliver’. Con Renzo Arbore e Maurizio Barendson fonda “L’altra domenica”. Nel 1976 viene assunto al Tg2 diretto da Andrea Barbato. Nel 1981 vince il Premio Saint Vincent come miglior giornalista televisivo dell’anno. Dopo aver collaborato con Giovanni Minoli a Mixer, debutta come conduttore di Blitz, programma di Raidue di cui è anche autore, che accoglie ospiti come Eduardo De Filippo, Federico Fellini, Jane Fonda, Enzo Ferrari, Gabriel Garcia Marquez e Muhammad Ali.        

Minà ha seguito otto mondiali di calcio e sette olimpiadi, oltre a  decine di campionati mondiali di pugilato, fra cui quelli storici dell’epoca di Muhammad Ali. Nel 1987 Minà diventa famoso in tutto il mondo per un’intervista di sedici ore con Fidel Castro, il presidente cubano, per un documentario da cui viene tratto un libro: il reportage intitolato “Fidel racconta il Che”.

Il suo penultimo lavoro editoriale, edito dalla Sperling & Kupfer, si intitolò “Politicamente scorretto, un giornalista fuori dal coro”, raccolta di suoi articoli e saggi pubblicati tra il 1990 e il 2007 su la Repubblica, l’Unità, Il Manifesto, Latinoamerica: un autentico esercizio di controinformazione sugli avvenimenti più diversi e controversi dei primi anni del terzo millennio.  Nel 2015 produsse “Papa Francesco, Cuba e Fidel”, un reportage sulla storica visita del Pontefice argentino avvenuta a Cuba nel settembre del 2015 e con il quale vinse, nel 2016, l’Award of Excellence all’ICFF di Toronto, Canada. E, nel 2016, produsse “L’ultima intervista a Fidel Castro”. Tra gli ultimi lavori nel 2020 Minà ha pubblicato il libro autobiografico “Storia di un boxeur latino”, edito da Minimum fax.

Minà ha diretto la rivista letteraria “Latinoamerica e tutti i sud del mondo”. Collaboratore per anni di quotidiani quali La Repubblica, l’Unità, Il Corriere della Sera e Il Manifesto, ha all’attivo numerose pubblicazioni, tra le quali: Il racconto di Fidel (1988), Un  continente desaparecido (1995), Storie (1997), Un mondo migliore è  possibile. Da Porto Alegre le idee per un futuro vivibile (2002),  Politicamente scorretto (2007), Il mio Alì (2014), Così va il mondo. Conversazioni su giornalismo, potere e libertà (2017, con G. De  Marzo),  e Non sarò mai un uomo  comune (2021).

Torna in alto