QUEI DUE MINUTI SURREALI CHE RIMARRANNO NELLA STORIA DEI PREMI OSCAR

L’errore nell’annunciare il titolo del film vincitore non ha precedenti in 89 anni: ecco cosa è successo

oscarDa un paio di mesi negli Usa la realtà supera la fantasia con un Presidente che twitta la mattina presto prendendosela un giorno contro Meryl Streep («Un’attrice sopravvalutata»), un altro parlando di un attacco terroristico in Svezia che non c’è stato e un altro ancora definendo istituzioni giornalistiche come New York Times e Cnn «nemici del popolo», rievocando un’espressione dell’era staliniana. La cerimonia degli Oscar era stata briosa e piacevole fino a quando ci ha regalato un finale in cui la realtà e il surreale sono confluiti dentro una busta sbagliata e destinata a restare per sempre nella storia degli Academy Awards.
Emma Stone aveva appena lasciato il palco con il suo premio di migliore attrice per La La Land e mancava solo l’ultima e più attesa categoria: il miglior film. Chiamati a presentarla sono Warren Beatty e Faye Dunaway, di nuovo assieme 50 anni dopo Bonnie & Clyde. Beatty apre la busta e appare confuso. Si ferma, la passa alla sua co-star che legge: «La La Land!». Musiche, applausi, abbracci. Ma si riesce a sentire Beatty che sussurra: «È Emma Stone!». E la Dunaway che risponde: «Che?».
Nessuno dà loro retta, l’attenzione è tutta sui produttori e sul contingente del musical che marcia verso il palco abbracciandosi e baciandosi. I produttori iniziano a ringraziare, ma alle loro spalle si notano strani movimenti. Gente con le cuffie, conversazioni concitate. Tocca al produttore Fred Berger, che dopo i ringraziamenti di rito dice, freddamente: «Tra l’altro abbiamo perso. C’e un errore». Si vede Emma Stone che esclama scioccata: «Oh mio Dio!».
Il silenzio diventa applausi, poi il produttore Jordan Horowitz sente di dover riprendere il microfono e rassicurare il pubblico in sala e chissà quanti milioni di spettatori sparsi in 225 Paesi. «Ha vinto Moonlight, non è uno scherzo». E con un gesto diventato necessario in questa era di «fake news», mostra alla telecamera la busta corretta. Si legge «Moonlight».
Produttori e protagonisti di Moonlight salgono sul palco. Sono titubanti, non sanno se crederci per davvero. Quelli di La La Land se ne vanno. Un momento surreale e dolceamaro anche per i vincitori. Ma non basta: altra gaffe durante il ricordo degli artisti scomparsi, quando è apparsa la foto di una persona viva, Jan Chapman, sotto il nome della costumista Janet Patterson, morta nel 2015. A dominare la scena, insomma, sono stati confusione, incredulità e incompetenza.
Già, di chi è la colpa? «Warren, che hai combinato?», ha chiesto Jimmy Kimmel, il presentatore. La responsabilità però non è di Beatty né di Faye Dunaway, ma della PwC, un tempo PricewaterhouseCoopers. Per 82 anni, con legittimo orgoglio, i gigante della revisione di conti hanno computato il voto agli Oscar. La consegna delle buste è la fase più spettacolare, ma anche la più semplice. Le categorie sono 24, ma le buste 48, c’è un rappresentante della PwC sui due lati del palco, ognuno con il suo set di buste.
Uno dei due ha consegnato la busta sbagliata. Tutto qui. Le scuse della società e le inchieste non potranno mai cancellare quei due minuti surreali. Senza precedenti in 89 anni di Oscar. La sola eccezione: nel 1964, quando Sammy Davis Jr. annunciò che il vincitore per la miglior canzone era Tom Jones, nemmeno candidato. L’errore venne riconosciuto immediatamente, a vincere fu Andre Previn per Irma la Dolce. Nessuno ci fece caso. Questa volta sarà diverso.

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