Tornatore, ecco gli 8 noir che amo

Il regista, “è il genere che mi appassiona fin da ragazzo”

Un rapporto intenso, nato da adolescente quando faceva il proiezionista a Bagheria, raccontato nel film Oscar Nuovo Cinema Paradiso giusto 30 anni fa, e proseguito nel tempo inseguendo la sua passione cinematografica, cinefila prima che professionale, quello di Giuseppe Tornatore e il noir, un genere popolare, “tra i più amati ancora oggi” ma non considerato fino alla “riscoperta della Nouvelle Vague degli anni ’60”. Il regista siciliano ha raccontato il suo amore per il cinema di tensione alla Festa del cinema, scegliendo otto titoli tra i più amati in uno degli Incontri Ravvicinati di questa edizione, guidata dal direttore Antonio Monda. Otto film, di cui uno solo francese e uno solo a colori: La fiamma del peccato (1944) di Billy Wilder, La donna del ritratto (1944) di Fritz Lang, Lo specchio scuro (1946) di Robert Siodmak, Crime and Punishment – Ho peccato (1935) di Josef von Sternberg, Le catene della colpa (1947)  di Jacques Tourneur con due mostri di attori come Kirk Douglas e Robert Mitchum, Detour (1945) di Edgar G. Ulmer​, il francese Le Trou – Il buco (1960) di Jacques Becker​ e infine Il delitto perfetto (1954) di Alfred Hitchcock, su cui maggiormente si è lasciato andare a ricordi personali. “Avevo 14-15 anni, facevo il proiezionista e mi ricordo che lo vidi otto volte in due giorni”, ha raccontato Tornatore che dopo La Corrispondenza sta lavorando al nuovo film. Il regista, documentato anche sugli aneddoti spesso leggendari dei film che ha selezionato (come gli appena sette giorni di riprese occorsi ad Ulmer per Detour), ha spiegato come fosse una lezione di cinema il noir sottolineando i punti cardinali: la dark lady, il bianco e nero, i colpi di scena, la voce off, il meccanismo a orologeria delle sceneggiature, “l’attaccamento alla realtà delle cose per non far risultare assurde certe soluzioni, o perlomeno la verosimiglianza, come in una sequenza della Fiamma del peccato con un errore palese, una porta d’albergo che si apre verso l’esterno, l’unica al mondo, si vantava Wilder”. E poi ancora il finale non lieto. “Il noir – ha detto Tornatore – è più bello del giallo che comincia sempre dopo un delitto. Il noir invece ti racconta di come sono andate le cose mentre accadono, per questo deve essere perfetto per funzionare. Uno dei suoi punti di forza è il senso di colpa, la sconfitta, il protagonista molto spesso trascinato a compiere un’azione criminale”. E poi ancora il tema del doppio, dello specchio, l’ambientazione urbana e la radice letteraria, “è il genere cinematografico che più è tratto da libri. Sciascia diceva che è impossibile fare buoni film da un capolavoro letterario – ha ricordato Tornatore commentando una sequenza di Crime and Punishment da Dostojevski – e in un certo senso ironizzava anche sulla sua opera”. Tra gli otto film un posto d’onore all’età d’oro del noir americano, gli anni ’40, ma l’unico film francese scelto, Le Trou – Il buco, una pietra miliare del sottogenere carcerario occupa un posto speciale. “Tutto ruota attorno alla costruzione della via di fuga ma il centro è un periscopio costruito dai detenuti con uno spazzolino per i denti. Amo molto le storie che ruotano attorno ad un oggetto più o meno utile, ma che poi si rivela essenziale a spiegare tutto”.

Alessandra Magliaro, ANSA

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