Al via il film di Pupi Avati sulla vita del padre di Sgarbi

Partiranno il 3 agosto le riprese di LEI MI PARLA ANCORA, il nuovo film di Pupi Avati che torna dietro la macchina da presa dopo IL SIGNOR DIAVOLO. Il film, liberamente tratto dall’omonimo libro di Giuseppe Sgarbi – padre di Elisabetta Sgarbi e Vittorio Sgarbi – racconta la storia d’amore tra Nino e Caterina: un amore lungo 65 anni e mai finito, neanche con la morte di lei, come scrisse lo stesso autore. “Finché morte non vi separi è una bugia. Il minimo sindacale. Un amore come il nostro arriva molto più in là. E il tuo lo sento anche da qui.” La sceneggiatura e il soggetto sono di Pupi e Tommaso Avati. Tra gli interpreti principali Renato Pozzetto (Nino), Stefania Sandrelli (Caterina), Isabella Ragonese (Caterina giovane), Lino Musella (Nino giovane), Fabrizio Gifuni (Amicangelo). Insieme a loro anche Chiara Caselli, Alessandro Haber, Serena Grandi, Gioele Dix, Nicola Nocella. Le riprese dureranno sei settimane tra Roma e Ferrara, dove Sgarbi trascorse parte della sua vita. Il film è coprodotto da Bartlebyfilm e Vision Distribution in collaborazione con Duea Film e sarà distribuito nelle sale italiane da Vision Distribution.
    “Con LEI MI PARLA ANCORA ho voluto raccontare la storia di un grande amore, quello tra Nino e Caterina – dichiara il regista -, un amore lungo 65 anni, un amore che dura oltre la morte. Il pretesto narrativo è un libro di memorie che il protagonista, rimasto vedovo, si è deciso a pubblicare affidandone la scrittura a un ghost writer romano, ambizioso e disincantato. Ed è proprio nella dialettica fra questi due personaggi, così apparentemente diversi tra loro, che ho scorto la possibilità di affrontare il presente della nostra terra e il suo meraviglioso passato, in quella porzione dell’Emilia così speciale che ha saputo trattenere, accanto alla modernità, il grande fascino del suo passato. Delle sue tante memorie. Ho raccontato la nostra terra, la nostra gente, attraverso una ennesima, diversa, angolazione. Per continuare a dare un senso al nostro lavoro”.

Torna in alto