Buster Keaton e quella coppia di milanesi in viaggio di nozze sul suo set

Rispunta il filmato amatoriale di due sposi che nel loro viaggio a New York sono incappati nel grande comico americano che stava girando ‘The Cameraman’. Un piccolo gioiello per cinefili presentato al Cinema Ritrovato di Bologna dove Keaton viene celebrato con nuovi restauri dei suoi lavori

Immaginate una giovane coppia di sposi milanesi, facoltosi certo, che per la loro luna di miele vanno in America. Appassionati di cinema con macchina da presa al seguito, girano in 16 mm il loro viaggio di nozze, nel filmato si vede la nave, i paesaggi del New Jersey e le strade di New York. Lì, vicino a un ingresso della metropolitana, stanno girando un film, c’è la troupe, la folla di curiosi, le macchine da presa: è il 1928, il regista è Buster Keaton e sta girando The Cameraman. Novant’anni dopo questo piccolo gioiello per cinefili è rispuntato e sarà presentato venerdì a Bologna al Cinema Ritrovato abbinato al programma di restauri e ritrovamenti dedicati al grande comico del muto americano, il saltimbanco diventato genio del cinema. Un filmato amatoriale, immagini rubate da un film che non poteva essere più calzante. The Cameraman è il racconto esilarante e surreale delle vicende di un cineoperatore di attualità, un ex fotografo che un po’ per amore, un po’ per desiderio di misurarsi con qualcosa di nuovo, scopre la magia delle immagini in movimento. Il film è il primo che Keaton gira per la MGM, non è un periodo facile per il regista; sul set ci furono molte interferenze da parte del produttore. Lo stesso Keaton in seguito confessò: “Nel 1928 commisi l’errore più grande della mia vita. Mi lasciai convincere da Joe Schenck, mio malgrado, a rinunciare ai miei studios per lavorare con la Metro-Goldwyn-Mayer”. Nonostante tutto The Cameraman rimane un capolavoro. Come scriveva il critico Paul Gilson “solo un acrobata può fingere un simile sonno dell’intelligenza dietro cui si cela il genio della distrazione. Incredibile come un fantasma a mezzogiorno passeggia con sobrietà attraverso storie che assomigliano a sogni a occhi aperti. […] L’amore guida costantemente i suoi tentativi di soccorso; riesce solo in situazioni disperate: fa l’impossibile senza neppure rendersene conto”.E così, dopo aver acquistato con gli ultimi risparmi una macchina da presa, aver dribblato un altro pretendente ai favori della giovane e bella impiegata della MGM News, essere riuscito a sopravvivere al primo appuntamento con lei (una giornata in piscina con situazioni disastrose), ad un nuovo tentativo di produrre immagini per il canale dopo un primo fallimento, a uno scontro fra gang rivali a Chinatown arriva infine l’incontro con una scimmietta ammaestrata, vero deus ex machina di tutto il film. Come scriveva Alberto Moravia su L’Espresso nel 1971: “L’invenzione geniale della scimmia che rifa il verso al fotografo e riprende la scena in cui Keaton salva la ragazza che sta per annegare, scena che gli permetterà di trionfare sul suo rivale, da una parte sta a indicare l’assurdità del successo, dovuto in fondo al caso (cioé alla scimmia); dall’altro anticipa l’invenzione critica del film nel film e del film sul film, vari decenni prima di Godard e Antonioni”. E pensare che Moravia non sapeva di quella coppia di sposini milanesi con la loro macchina da presa a filmare in una strada di New York Buster Keaton, mentre girava un film su un cineoperatore e la sua passione per le immagini in movimento. Altro che metacinema.

Chiara Ugolini, repubblica.it

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