Ricordando Biscardi

«Sono un inventore e il Var è la mia vittoria»

L’ideatore del «Processo» era molto compiaciuto nel ricordare i suoi successi: «Da anni mi batto per la moviola in campo
e finalmente il calcio ha capito». Caustico, dispensava gemme di involontario umorismo con le sue incredibili esternazioni

(di Cesare Lanza per LaVerità) Aveva un’alta considerazione di sé, di certo non era un uomo insicuro. Ecco, ad esempio, ciò che una volta, ormai famoso, Aldo Biscardi si spinse a dire: «Io sono come Joyce, Pascoli, Leopardi e Pasolini. È il destino dei grandi poeti essere dileggiati». Al di là delle enormità, penso che i ricercatori dei prossimi secoli, se vorranno capire qualcosa della seconda metà del nostro Novecento, dovranno studiare a fondo anche Biscardi, il suo straordinario successo, comprese le incredibili sciocchezze e castronerie che diceva: si suppone che molte, le più eclatanti, le studiasse apposta, per far chiasso e imporre il suo personaggio; così si diceva anche di Mike Bongiorno. Conoscevo Aldo da quando ero un pischello debuttante e lui una firma già importante nello sport, a Paese Sera, anche se non immaginava che un giorno sarebbe diventato un astro della televisione. Era simpatico e coinvolgente: come tanti, a somiglianza di Gianni Brera (intendiamoci, solo in questo), aveva già allora il gusto di spararle grosse. Come quando sosteneva che Fabio Capello, il ragazzo d’oro della Roma, non avrebbe potuto conquistare un futuro importante perché correva, parole sue, col sedere basso e la schiena rigida. Era caustico, Biscardi, e perfidamente pungente. Non credo che abbia mai capito granché di calcio, però era uno straordinario divulgatore creativo, un affabulatore. Soprattutto non era superbo o presuntuoso nei rapporti umani: Io diventava solo quando scriveva, anziché affabile ed educato come nella vita di ogni giorno. Per prima cosa – come piaceva a lui – vi intrattengo con un po’ di veleno: un piccolo bouquet delle sue incredibili esternazioni . Sciocchezze divertenti, che hanno molto contribuito alla sua popolarità, al punto che in molti sospettiamo, astuto com’era, che le pensasse a tavolino. Gemme di involontario umorismo. «Incrocio le dite», «Dobbiamo andare con il piede per terra», «È una notizia importante, per radio la possono vedere tutti», «Qui al Processo del lunedì le polemiche fioccano come nespole», «Non parlate in più di tre o quattro per volta, sennò non si capisce niente!», «Dove giocherà Baggio l’anno scorso?», «A nome di tutta l’umanità, che venga magari catturato anche durante il Processo quell’assassino di Bid Labben!». (Rivolto all’avvocato Taormina) «Carlo, incomincia a parlare tu, che sei un foro del principe», «Carraro, se ci sei batti questo colpo e metti la moviola! C’hanno chiamato da tutto il mondo per la moviola: dalla Germania, dall’Inghilterra, dalla Spagna, dalla Francia e c’ha chiamato pure Platinette (Platini, ndr)». «Hai messo la piaga nel dito!». «La sequenza filmata della pornostar che si è esibita nuda allo stadio di Piacenza non è pronta. Gli operatori la stanno ancora montando». «Abbiamo fatto questo pingopongo per svirilizzare gli animi troppo accesi in questa contesa». «Alla gente interessa del mandorlone, parliamo di doping». «Non ci sarà più un duello a due». «Per lei il pluralismo è un opzional» (a Silvio Berlusconi, maggio 1993).

Mi invitò al suo popolarissimo Processo del lunedì (poi diventato il Processo di Biscardi, dopo l’uscita dalla Rai): la sua celebrità era talmente forte che ancor oggi mi succede che qualche tassista mi riconosca e mi dica, convinto: «La vedevo sempre da Biscardi…». In realtà non ero un ospite assiduo, ma il suo programma era entrato nel cuore della gente e per molti è rimasto indimenticabile. Un paio di volte Aldo mi prese in giro. La prima volta alla vigilia del campionato del mondo del 1982 (che poi vincemmo in modo esaltante): tutta la stampa, sportiva e no, era schierata contro la nostra Nazionale. Il più sprezzante e polemico era Gianni Brera, per prestigio e carisma seguito da (quasi) tutti. Sostenevo – eravamo pochissimi, ricordo Gianni Minà – la squadra azzurra , con convinzione: «Bearzot, il cittì, conosce bene il calcio: è un galvanizzatore, riuscirà a compattare i suoi giocatori… Stupiremo il mondo». Biscardi: «È ridicolo, è una Nazionale debole, rischiamo una figuraccia come in Inghilterra nel 1966: tutti sono convinti che usciremo al primo turno!». In effetti, ci salvammo per un pelo: il giornalista Oliviero Beha (scomparso nel 2017), ottimo inchiestista, contro tutto e contro tutti si spinse a dire che solo per una pastetta riuscimmo a qualificarci per il secondo turno. Poi, le mie previsioni controcorrente furono premiate: quattro straordinarie vittorie contro Argentina, Brasile, Polonia e Germania . Campioni del mondo! Qualche giorno dopo il successo, incrociai casualmente Biscardi in un ristorante romano e gli feci notare quanto si fosse sbagliato. Sorridendo, mi diede una pacca sulla spalla: «11 pallone è rotondo, per una volta hai avuto ragione tu…». Per la verità non era una volta sola: «Viva l’Italia sempre», esclamò ad alta voce, in modo da poter essere ascoltato dai tavoli vicini: approvato e applaudito. C’era con me un amico, un romanaccio: «Che je importa a lui? Gli basta far casino subito, sul momento, cosa succede poi no je pò fregà de meno». La seconda volta, dopo la sentenza di un giudice favorevole ai trasferimenti dei calciatori senza divieti da parte dei club in Europa, si discuteva su quanti stranieri sarebbero stati accolti in una squadra italiana. Due, tre, quattro? Anche tutti, gli dissi io, se la legge stabilisce questo. Mi invitò in trasmissione e mi sfidò a ripeterlo. Lo feci senza esitazioni. E Biscardi mi mise alla berlina: «Sì, eh? Adesso le squadre italiane schiereranno anche undici giocatori stranieri!?». Risate e sberleffi. Ma, in breve tempo, così successe.

Ad Aldo non interessava mai il futuro, ma solo accendere discussioni e sceneggiate sui temi del momento. Però, furbissimo, era molto compiaciuto e convincente nel ricordare i suoi successi. Si sfogava così: «Non ti dico quante battaglie in Rai: nelle tribune politiche la clessidra, tre minuti a testa e via. Nello sport mi inventai il moviolone e sconvolsi il calcio con le polemiche. Avevo detto che la Juve aveva rubato lo scudetto alla Roma? Sette anni di boicottaggio da Torino ! Se avessi avuto allora il Moviolone, avrei fatto dieci milioni di ascolto con il gol annullato a Turone». Il suo più grande successo (imprevedibile e imprevisto) fu il Var, ne era orgoglioso, anche se non se l’aspettava più. Mi disse: «Il Var è la mia vittoria: finalmente si potrà far luce sugli episodi controversi. Da anni mi batto per la moviola in campo e finalmente il calcio ha capito. Il Var non favorisce nessuno, porta alla verità». Succedeva poco prima che morisse, l’anno del Var (video assistant referee), per aiutare gli arbitri con le verifiche televisive.

Se ne andò celebrato affettuosamente come un protagonista assoluto. «Con Aldo Biscardi scompare oggi uh grande giornalista, ideatore e conduttore di trasmissioni sportive che hanno cambiato il modo di raccontare il calcio in tv» (una nota pubblicata dalla Rai). «È stato un grande uomo e un grande professionista. Un grande conoscitore di calcio, che infuocava la passione che portiamo tutti nel cuore» (Diego Armando Maradona su di lui). «Un modo nuovo di discutere del calcio in televisione. È stato un rivoluzionario come modo di proporsi in tv, poi copiato da tanti» (il figlio Maurizio). «Il più battagliero, intelligente e creativo. Sapeva di essere preso in giro, ma trasformava tutto questo in popolarità. Era la caricatura di sé stesso e ne era consapevole, questa era la sua forza» (il parroco don Paolo). «I superficiali – e Dio solo sa quanto il mondo ne sia pieno – lo prendevano in giro per il suo marcato accento molisano, per gli strafalcioni e i neologismi improbabili, per il suo calcio parlato da bar sport. Io lo conoscevo bene, però. E posso dirlo con assoluta certezza: Aldo Biscardi non era un illetterato incompetente, tutt’altro. Questa è una stupida illusione che lascio agli stolti. Aldo era invece un genio della televisione, un animale da schermo catodico, un giornalista vero, un uomo profondo che aveva fatto della leggerezza la sua regola di vita» (Lucio Rizzica, giornalista di Sky sport). Solo due voci – importanti – molto critiche: «Esiste un mercato del cattivo gusto e il trionfatore è Aldo Biscardi. Imbattibile. I più casinisti, i presidenti peggiori li trova sempre lui. Ha fiuto. Siamo amici, ma la sua è una televisione che non mi piace» (Candido Cannavo). «Uno dei più grandi responsabili dello sfacelo del giornalismo sportivo è stato Aldo Biscardi. E con lui, tutte le trasmissioni simili al Processo del lunedì che sono nate successivamente» (Gianni Mura). Biscardi era nato a Larino, il 26 novembre 1930, in provincia di Campobasso, e morì a Roma, il 18 ottobre 2017. Aveva due figli: Maurizio e Antonella. È morto all’età di 86 anni assistito dai figli, al Policlinico Gemelli di Roma. La sua immensa fama è legata al Processo del lunedì (dal 1980 al 1993) in Rai e al Processo di Biscardi (dal 1993 al 2016), in varie reti, da Tele+ a Telemontecarlo e altre ancora. Nel maggio 2006 rimase coinvolto nello scandalo Calciopoli: comunicazioni telefoniche fra lui e il principale inquisito, Luciano Moggi (all’epoca direttore generale della Juventus), in cui Moggi gli diceva cosa dire o non dire in trasmissione (oltre a fargli manipolare la moviola, cosa che Aldo sostenne tecnicamente impossibile). In una telefonata Moggi gli rinfacciava di avergli dato un orologio del valore di 40 milioni di lire (circa 20.000 euro). A Striscia la notizia, a Valerio Staffelli, che gli consegnava un Tapiro d’oro, smentì la valutazione economica, aggiungendo che si trattava di un orologio celebrativo del centenario di fondazione della Juve. Il contenuto delle telefonate. E non ebbe rilevanza penale, però nel settembre 2006 l’Ordine dei giornalisti gli inflisse una sospensione di sei mesi. In polemica, Biscardi decise di non confermare più l’iscrizione all’albo dei giornalisti. La mia convinzione è che Aldo sia stato un uomo con la vocazione del personaggio di spettacolo, un istrione da teatro forse più che un giornalista: sempre generoso ed onesto. E penso che l’Ordine lo abbia trattato con inconsueta, ingiusta severità. Il giorno del funerale, la moglie Elsa lo ha ricordato così: «Oggi è lunedì e, nonostante le lacrime, dobbiamo sorridere perché va via felice nel suo giorno».

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