“TREDICI”, LA SERIE CHE PARLA AI GIOVANI E AGLI ADULTI DI BULLISMO E ADOLESCENZA

«La cosa più complicata è stato trovare il giusto tono con cui raccontare questa storia». Tom McCarthy, regista de Il caso Spotlight, miglior film agli Oscar 2016, prende una pausa, deglutisce e quando ricomincia a parlare, lo fa con voce sicura: «Suicidio, abuso sessuale, violenza emotiva. Sono questi i temi di cui parla Tredici. Ho cercato di tenere sempre a mente da quale prospettiva stessi raccontando la storia, quella degli adolescenti, persone schiacciate dall’ansia e dallo stress. Una sfida».
Tredici è su Netflix dal 31 marzo; è – come ha detto il fondatore Reed Hastings – uno dei progetti più ambiziosi e più interessanti della piattaforma. Al centro della trama, una ragazza e la sua storia. McCarthy, produttore esecutivo e regista degli episodi, spiega di aver voluto rendere più difficile i giudizi: «È piuttosto complicato riuscire a capire di chi potersi fidare e quale parte della storia sia vera e quale no».
«Raccontiamo – continua – come i compagni di classe di una ragazza, Hannah, reagiscono dopo la sua scomparsa». Tutto comincia da qui: «La sua testimonianza è registrata su alcune cassette, che passano di mano in mano. Chi le ascolta è costretto a fare i conti con la realtà e con il ricordo che ha di lei nel modo più onesto possibile». Violenza, bullismo, il rapporto controverso, spesso difficile, che i più giovani hanno con i social network e con Internet. Ma anche l’amicizia, la fiducia e la lealtà. «Non penso che questo sia un problema solo dei giovani – specifica McCarthy –. Credo che riguardi anche gli adulti. Come usare i social media è qualcosa con cui tutti ci dobbiamo confrontare».
E questo perché fanno parte della vita di tutti: «Vivo in un Paese – dice McCarthy – in cui il Presidente twitta qualunque cosa gli passi per la testa. L’importante è capire che le nostre azioni hanno ripercussioni sulla realtà, e che anche quando diciamo poche parole o ci limitiamo a scattare una foto possiamo fare danni». Insomma: il contesto – come ribadisce McCarthy – «matters», conta. «Ho due figlie – dice ancora – che non vanno ancora al liceo ma che lo faranno presto e ho pensato che fosse importante parlare alla loro generazione. Mi è stata data una grande opportunità per fare in modo che si discutesse di questi temi».
Perché è questo quello che fa Tredici: offre un altro punto di vista; racconta la storia senza mai essere eccessivo, o di parte. È un modo intelligente di intrattenere. Quasi educativo. «Sì, certo: cinema e tv possono avere l’obiettivo di educare. Ma non deve suonare come una forzatura. Se si hanno una buona storia e buoni personaggi, si può arrivare al pubblico molto più facilmente. L’idea stessa di dare la possibilità allo spettatore di vedere tutti e 13 gli episodi di fila è, secondo me, una cosa magnifica. Sono sicuro che grazie a questa serie i più giovani avranno modo di vedere rappresentato quello che stanno vivendo, ne potranno parlare e magari finalmente discutere».

IL SECOLO XIX

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