Pupi Avati: “Cinema italiano ha perso identità e il sovranismo non c’entra”

Il problema del cinema italiano è la concorrenza delle piattaforme digitali? “Il punto è piuttosto che non riusciamo a diventare appetibili e interessanti nei riguardi di tutti i mondi digitali che ci sono attorno, se non torniamo fare un cinema bello”. Parola di Pupi Avati che oggi, prendendo parte al dibattito organizzato al Senato dai parlamentari di Forza Italia Andrea Cangini e Giuseppe Moles dal titolo ‘Piattaforme digitali e industria cinematografica e televisiva, negoziare la pace‘, spiega cosa manchi al cinema nostrano per tornare a essere bello: “L’Italia non ha più identità, questo è il problema! L’Italia si è spogliata della propria identità. Questo non è un discorso sovranista, è la realtà. L’Italia non ha più niente di assolutamente suo e peculiare per cui nel mondo la gente guardi l’Italia”.”Occorre smettere, quindi – secondo il regista – di scimmiottare cinematografie altre e a vedere la cosa solo in termini di competizione col mondo delle piattaforme digitali come si sta cercando di fare, e considerare la qualità del film come elemento discriminante, come elemento che ci rende eccezionali oppure no. La notizia che l’italiano è diventata la quarta lingua – osserva – dipende dall’interesse per la cucina italiana. Sì perché – spiega – un sacco di persone per leggere i libri di cucina italiani hanno avuto voglia di imparare l’italiano”. Di contro, però, fa notare Pupi Avati, “si parla dell’Italia solo in senso negativo. Gli americani fanno le serie che si fondano sulla loro natura contadina, sulla loro cultura, perché noi non le facciamo? Perché da noi succede che l’unica nostra tipicità si esprime nei contesti malavitosi con le ‘Suburre’, le ‘Gomorre’, e non riusciamo invece a creare un prodotto italiano che vada anche nel senso della positività?”.”Noi abbiamo la nostra tradizione, il nostro passato e, nei vari generi, possiamo farne cinema o serie tv senza copiare gli americani – scandisce il regista – Se si guarda un palinsesto di Netflix o di Sky o di Amazon si vedono tutti i generi, film in costume, film d’avventura, film musicali, erotici, insomma ci sono tutti i generi. Se si guarda il listino italiano, ci sono solo commedie e per giunta con una panchina corta di attori che sono più o meno sempre gli stessi. E’ evidente che i miei figli non li vadano a vedere”. Insomma secondo Pupi Avati per confrontarsi con il mondo digitale che avanza a tutta velocità il cinema italiano deve puntare sulla “riconsiderazione dei generi da parte degli autori cinematografici”, evitando di puntare solo su “commedie per la maggior parte finalizzate solo all’incasso” e deve “puntare sull’identità italiana”.

Veronica Marino, Adnkronos

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