OSCAR 2017, I VINCITORI – MIGLIOR FILM È MOONLIGHT. ERRORE NELLA BUSTA E SUL PALCO SALE IL CAST DI LA LA LAND

Sei statuette per la pellicola di Damien Chazelle. Premiata come miglior attrice Emma Stone. Fuocoammare non conquista il riconoscimento per il miglior documentario. A farcela invece Alessandro Bertolazzi e Giorgio Gregorini, assieme al collega Christopher Nelson che vincono l’Oscar per il Miglior Trucco di Suicide Squad

OSCARS 2017 MoonlightMoonlight vince l’Oscar 2017 per il Miglior Film, a sorpresa e con un brivido d’imbarazzo. Perché sul palco del Dolby Theater di Los Angeles erano già saliti produzione, attori e regista di La La Land felici di aver vinto e ritirare l’Oscar. A raccontarla ora sembra una gag programmata a tavolino, invece è successo nel tempio del cinema. Warren Beatty e Faye Dunaway aprono la busta per il Miglior Film e dopo un sinistro tentennamento proclamano La La Land vincitore. Tutto procede spedito. Salgono sul palco i produttori del musical della Lionsgate, poi arrivano Ryan Gosling ed Emma Stone, lei con il suo Oscar appena vinto come Miglior Attrice ancora tra le mani. Rullano già i discorsi di rito, ma qualcosa non quadra.
Damien Chazelle che aveva appena ritirato la statuetta come Miglior Regista in uno stato di agitazione premonitore se ne sta dietro a tutti ed è come sbiancato. Pochi secondi e il responsabile del palco sottrae gli Oscar dalle mani dei vincitori. Il pubblico si alza in piedi senza capirci più niente. E a questo punto si cambia tutto. A Beatty era stata consegnata la busta sbagliata, quella con il nome della Stone miglior attrice per La La Land. Quella giusta segnala che a vincere è stato il film diretto da Barry Jenkins, Moonlight. Autentica produzione indipendente (A24) con un cast tutto di colore, per la storia del giovane Chiron, crescita e affermazione di sé che attraversa tre fasi della sua vita (infanzia, adolescenza, età adulta) mostrando, dapprima in controluce poi sempre più in primo piano, la contrastante e faticosa normalità tra omosessualità e machismo criminale in una delle più pericolose periferie urbane della Florida.
Mahershala Ali, il primo musulmano a vincere un Oscar
“Neanche nei miei sogni questo momento si era mai avverato”, afferma sconvolto Jenkins salito sul palco in sostituzione di Chazelle e soci. “Spero che questo Oscar sia di ispirazione ai ragazzi di colore che si sentono emarginati e soli. Spero che vedere recitare questo gruppo di artisti li possa aiutare”, spiega la produttrice del film Adele Romanski, mentre stanno ancora scendendo dal palco i produttori senza più Oscar di La La Land. Che poco prima avevano detto: “”Siamo felici di darlo ai ragazzi di Moonlight”.
Premio davvero inatteso, ma anche meritato. Oscar politico più che mai, per un film girato completamente in una periferia urbana violenta e lontana dai riflettori, con attori non proprio star affermate e soprattutto dalla prima all’ultima comparsa tutti di attori di colore. Moonlight porta a casa anche la statuetta per la Miglior Sceneggiatura non Originale (Barry Jenkins e Tarell Alvin McCraney), e per il Miglior Attore Protagonista, Mahershala Ali, che oltretutto è il primo musulmano a vincere un Oscar. Il 43enne attore californiano che prima di convertirsi si chiamava Eric Gilmore ha chiuso il suo discorso di ringraziamento proprio ad inizio serata con una traccia di versetto del Corano: “Peace and blessings”.
Il pasticcio delle buste salva la serata
E per fortuna che è accaduto il pasticciaccio brutto delle buste sbagliate, perché altrimenti la Notte degli Oscar 2017 sarebbe stata derubricata come l’edizione più soporifera della storia. La conduzione di Jimmy Kimmel, praticamente in pantofole e seduto sul divano tanto e tale la verve che ci ha messo nel suo incedere per oltre tre ore, ha annoiato terribilmente. Mentre i raggi di sole sono arrivati dalla bellissima Emma Stone che con un filo di voce e visibilmente emozionata ha ritirato l’Oscar come Miglior Attrice per La La Land (“grazie a Ryan per avermi fatto ridere durante le riprese”); e dalla raggiante, magnifica Viola Davis, Oscar come Attrice Non Protagonista per Barriere. Ma non aspettatevi nessuno “speech” di rilievo. Quest’anno fratelli, sorelle, madri, padri e insegnanti di recitazione hanno occupato il contenuto di qualunque discorso di ringraziamento dei vincitori sia che fossero attori affermati o meno.
Una noia micidiale che ha fatto il paio con uno dei premi più dimenticabili della storia degli Oscar: quello a Casey Affleck come Miglior Attore Protagonista per l’interpretazione del padre contrito di Manchester by the Sea. Film che riceve anche l’Oscar come Miglior sceneggiatura originale scritta dal regista stesso, Kenneth Lonergan. Altro notevole gelo è sceso in sala quando poi Affleck salito sul palco e ritirato l’Oscar ha ringraziato Denzel Washington, appena battuto nella stessa categoria, e l’interprete e regista di Barriere inquadrato dalla regia ha risposto con un espressione tetra e incarognita da bar.
Alla fine però ad uscire con le ossa rotte da questi Oscar 2017 è proprio La La Land. Le maschere terree di Ryan Gosling, che si rifarà con il sequel di Blade Runner, e Chazelle con papillon, fazzoletto nel taschino e panciotto bianco, pur con sei premi vinti non ha sbancato gli Oscar. A parte le tre statuette e l’exploit nella massima categoria di Moonlight, che ricorda molto quello di Spotlight dell’anno scorso (anche lì due Oscar, Miglior Film e Miglior Sceneggiatura Originale), lo sparpagliamento dei premi tra i nove favoriti è regnato mediocremente sovrano: La battaglia di Hacksaw Ridge due Oscar, Manchester by the sea due, Arrival e Barriere uno, Lion e Hell or High water nessuno.
Italia sì, Italia no
È ad inizio serata che si incrociano i destini degli “italiani” ad Hollywood. A farcela subito sono Alessandro Bertolazzi e Giorgio Gregorini, assieme al collega Christopher Nelson che vincono l’Oscar per il Miglior Trucco di Suicide Squad. Bertolazzi, lunga esperienza alle spalle (Skyfall, Baaria, Angeli e demoni, tra gli altri) fa la dichiarazione più politica della serata: “Vengo dall’Italia questo Oscar va a tutti gli immigrati”. Gianfranco Rosi e Fuocoammare, invece, cedono letteralmente il passo lungo gli scaloni del Dolby Theater a Ezra Edelman, regista di OJ. Made in America, film fiume (467 minuti), ascesa e caduta del campione di football e attore O.J. Simpson con in mezzo le tensioni razziali di Los Angeles lungo 40 anni. “Sono qui per Nicole Brown e Ron Goldman (moglie e relativo amante di Simpson ndr) e accetto questo premio per le vittime della violenza razzista della polizia”, ha motivato la sia vittoria Edelman.
La La Land vince parecchio ma non fa la storia
Si intuisce fin dalle prime battute della serata che La La Land non farà la storia degli Oscar ma occuperà solo le caselle più importanti dell’edizione 2017. Quando piovono i premi “più piccoli”, come i migliori costumi (Colleen Atwood – alla dodicesima nomination – per Animali Fantastici), il sound editing (Sylvain Bellemare per Arrival), il sound mixing (Kevin O’Connell che vince dopo 21 nomination andate a vuoto per La battaglia di Hacksaw Ridge), sembra che la truppa di Chazelle&Co. stia iniziando a perdere qualche briciola. Bisogna attendere un’ora e mezza prima che gli impacciati coniugi David Wasco e Sandy Reynolds, con bigliettino stropicciato, raccolgano il primo Oscar per la miglior scenografia di La La Land.
Giusto un attimo per gioire e l’Oscar per il Miglior Montaggio invece che per il monumentale Tom Cross (rivedetevi soltanto la sequenza iniziale di La La Land) finisce a John Gilbert nella trincea di Mel Gibson con La battaglia di Hacksaw Ridge. Colpo di reni e il Miglior Direttore della Fotografia è proprio il Linus Sandgren del team di Chazelle. Ulteriore tampone il blocco musicale, colonna vertebrale del film: Miglior Colonna Sonora e Miglior Canzone Originale tutte a firma Justin Hurwitz. Ancora un intoppo quando Lonergan scippa la Miglior Sceneggiatura a Chazelle (e non solo). Per non parlare dell’incidente per il Miglior Attore Protagonista, scivolone annunciato, con Ryan Gosling che si sfila con eleganza per Casey Affleck. Insomma, alla fine di 14 nomination (record condiviso con Titanic e Eva contro Eva) ne rimangono sei. Non poche per carità, ma nemmeno il trionfo che si supponeva rotolare almeno con una decina di statuette sull’anonima Notte degli Oscar 2017.
Fuoco e fiamme anti-Trump spenti in un amen
Fosse per le battute da oratorio di Jimmy Kimmel continuavamo a dormire per l’intera Notte degli Oscar. Catatonico e soporifero, l’entertainer sciorina freddure alla Gino Bramieri su The Donald dallo spessore di una sottiletta: “Ringraziamo Trump perché ricordate che dovevano essere gli Oscar ad essere razzisti. Ora non è più così. Qui ci sono neri che salvano la Nasa e bianchi che salvano il jazz”. Ci prova poco dopo Gael Garcia Bernal con gli occhialoni da miope mentre premia il miglior film d’animazione (Zootropolis): “Io sono contro ogni muro che voglia separarci”. E si alzano ad applaudire in tre. Nemmeno il discorso di ringraziamento di Asghar Farhadi, regista del film iraniano che vince l’Oscar come Miglior Film Straniero, Il Cliente, che è stato tenuto lontano dagli Usa per il “muslim ban” ha provocato commosse standing ovation. “Mi spiace non essere con voi, ma la mia assenza è per il rispetto dei miei concittadini e di quelle delle altre sei nazioni che hanno subito le conseguenze di una legge disumana che divide il mondo tra noi e gli altri (i nemici), crea paure che a loro volta giustificano le guerre e tradiscono la democrazia.
Il cinema può usare cinepresa per combattere questi stereotipi tra religioni e creare empatia”. Ma la platea, compresa Meryl Streep, ha chiuso la pratica in sei secondi netti. Poi ecco i messaggini di Kimmel su Twitter proprio per titillare mister president: “Donald sei sveglio?”, “Meryl ti saluta”. Ma nulla, la protesta delle star non monta e si smonta tra frizzi, lazzi e l’imperdonabile, storico errore della busta sbagliata con il titolo del Miglior Film. Il guizzo del vecchio leone liberal Warren Beatty, quando ha detto che “il cinema non solo ci intrattiene, ma ci mostra la diversità crescente della nostra comunità e il rispetto per libertà in tutto il mondo”, è stato come una barchetta di carta nelle cascate del Niagara. Al prossimo anno. Tanto Trump ne rimane altri quattro.

Davide Turrini, FQ Magazine

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