‘Frankenstein’, ritrovato il primo film del 1910: il mostro nasce da un pentolone

La Biblioteca del Congresso Usa ha restaurato e pubblicato online il primo adattamento del romanzo di Mary Shelley scritto duecento anni fa

Il primo adattamento cinematografico di Frankenstein, il romanzo di Mary Shelley pubblicato per la prima volta duecento anni fa, nel 1818, non è quello famosissimo girato nel 1931 da James Whale. Esiste infatti un’opera antecedente, che risale al 1910, e che la Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti ha restaurato e reso disponibile su YouTube per la gioia di tutti i fan del dottor Frankenstein e della sua Creatura. Diretto da Searle Dawley per la Edison Manufacturing Company, il film muto della durata di tredici minuti si definisce nei titoli di testa “un libero adattamento della famosa storia della signora Shelley”. E se a guardarlo ora è così bello è perché la pellicola (che ha più di cento anni) è stata pulita e sottoposta ad altri importanti interventi a opera della biblioteca. Non solo, sono stati trovati anche i sottotitoli mancanti e per il film è stata realizzata un’apposita colonna sonora.Il negativo originale è stato acquisito dalla Biblioteca del Congresso nel 2014, insieme a tante altre pellicole. Solo nel 2015 però gli archivisti si sono resi conto di ciò che era in loro possesso e su cosa stavano per mettere mano. La pellicola di Frankenstein del 1910 ha un certo valore di mercato sia perché sembrerebbe si tratti dell’unica esistente, ma anche per l’importanza culturale che da duecento anni ha l’opera scritta da Mary Shelley. Prima che arrivasse nei laboratori della Biblioteca per affrontare il restauro digitale, il negativo apparteneva a un geloso proprietario, il signor Alois F. “Al” Dettlaff proveniente da Cudahy, Wisconsin. Aveva comperato quella pellicola negli anni Cinquanta, ma anche lui aveva realizzato di possedere un piccolo tesoro solo quando, nel 1980, l’American Film Institute aveva inserito Frankenstein del 1910 nella lista dei “dieci film andati perduti più cercati”.Da quel momento Dettlaff aveva avuto ancora più cura nel maneggiare la preziosa pellicola, quando la portava in giro per il mondo nei vari festival o alle convention, dove appariva spesso mascherato da Padre Tempo: con la sua già lunga barba bianca, gli bastava indossare una toga e portare con sé una finta falce e una clessidra. Doveva essere un personaggio particolare Al, sicuramente non permetteva a nessuno di avvicinarsi alla pellicola di Frankenstein. Nel 1986 neppure il regista e allora direttore dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, Robert Wise, riuscì a convincerlo a cedere il negativo perché venisse restaurato e preservato. Dettlaff si preoccupava però di realizzare copie in formato dvd della pellicola, da vendere a chiunque le volesse. Dettlaff è morto nel 2005 e la Biblioteca ha potuto entrare in possesso della sua collezione per prendersene cura nel 2014.Appena però iniziarono a lavorare su Frankenstein, i restauratori si resero conto che il film mancava di alcuni titoli e didascalie. Fortunatamente l’archivio storico della Edison in New Jersey aveva ancora una copia dei titoli di testa che furono inseriti nella versione restaurata ricreando lo stesso carattere di quelli che c’erano già. Donald Sosin, famoso compositore di colonne sonore per film muti, è stato scelto per realizzare la musica di accompagnamento a Frankenstein. Il nuovo “mostro” creato per i tredici minuti di questo film è diverso da quello che è ormai nel nostro immaginario, comparso nel film di Whale del 1931. Quella Creatura dalla testa grandissima, fronte alta e chiodi nel collo era già di per sé differente rispetto alla descrizione che ne aveva dato Mary Shelley nel suo romanzo, nel quale era scritto: “La sua pelle gialla a fatica riusciva a coprire l’intreccio di muscoli e arterie al di sotto; i suoi capelli erano fitti e di un nero lucente, mentre i suoi denti di un bianco perlaceo, ma queste virtù non facevano altro che offrire un contrasto più orrido con quegli occhi acquosi che parevano avere lo stesso colore delle orbite lattescenti in cui erano incastrati, con la sua pelle rinsecchita e le nere labbra tirate”.La nuova Creatura nasce da un pentolone all’interno del quale il dottor Frankenstein aveva mescolato ingredienti diversi, convinto di creare “l’essere umano più perfetto che il mondo abbia mai conosciuto”. Questo quantomeno è quello che Frankenstein scrive alla sua amata che lo aspetta a Ginevra. “Quando questo stupendo lavoro sarà concluso, tornerò da voi per chiedervi in sposa”, aggiunge. Tuttavia non sa cosa stia per uscire da quel pentolone: “Invece dell’essere umano perfetto creò un mostro” dice uno dei sottotitoli. Una forma dapprima scheletrica prende infatti sempre più spessore fino a trasformarsi in una creatura mostruosa dalla fronte pure alta ma con tanti capelli arruffati, spalle, mani e piedi sproporzionatamente grandi e un incedere bestiale più che umano. Al punto che quando lo stesso mostro si vedrà allo specchio si spaventerà, si vergognerà di se stesso e deciderà di andarsene. Tornerà la prima notte di nozze di Frankenstein e Elizabeth, ma la sua natura malvagia sarà sopraffatta da tanto amore al punto che il mostro scomparirà questa volta definitivamente.Si tratta effettivamente, come il film stesso dice nei titoli di testa, di un “libero adattamento”. Del resto in duecento anni il romanzo che ha ispirato cinema e tv ha assunto connotazioni diverse, è stato letto in chiave politica, sociale (per non parlare della parodia di Mel Brooks) e il mostro, il moderno Prometeo, ha rappresentato la schiavitù, la classe proletaria, il pericolo per il senso di onnipotenza di alcuni scienziati, la maternità mancata. Quando Mary Shelley iniziò a scrivere Frankenstein aveva 17 anni, due anni prima aveva messo al mondo un figlio, morto a poche settimane. “Sogno – scrisse Shelley nel suo diario – che il mio piccolo bambino è tornato in vita, che era solo freddo e che lo abbiamo sfregato davanti al fuoco e ha ripreso a vivere. Poi mi sveglio e non c’è nessun bambino”. Giorni dopo la morte del primo figlio, la ragazza rimane incinta del secondo bambino. Morirà anche lui, come morirà il terzo. La prima edizione di Frankenstein esce anonima nel 1918 ma con un epigrafe del filosofo politico William Godwin, padre di Mary Shelley. Walter Scott, che frequentava pure quel circolo di intellettuali di cui faceva parte Shelley, Lord Byron, John Polidori, pensò allora che a scrivere Frankenstein fosse stato Percy Bysshe Shelley, marito della scrittrice. Mary Shelley gli scrisse che era opera sua. Frankenstein era il primo romanzo di fantascienza scritto da una donna.

 Giulia Echites, repubblica.it

Torna in alto