Cucinotta: “Vi dico cosa serve ora all’Italia. E Draghi…”

Quanto tenga all’uso della parola lo si capisce subito, basta leggere il suo stato di Whatsapp: “Un uomo vale quanto il peso delle sue parole”. Maria Grazia Cucinotta, attrice e produttrice cinematografica, è una donna del sud, siciliana di Messina, e si vede. È intensa, spontanea, schietta e anche sintetica. Arriva subito al punto, come quando alla domanda su Massimo Troisi risponde senza alcuna esitazione: “È la persona a cui devo dire grazie ogni giorno”. Il motivo è presto detto: è lui che l’ha scelta come coprotagonista di Il Postino, il film premio Oscar che ha fatto scoprire all’Italia e al mondo il suo fascino e il suo talento. Una gratitudine che Cucinotta si porta dentro tanto che anche quest’anno sarà lei la madrina del Marefestival, la kermesse cinematografica, dedicata proprio a Massimo Troisi, che si terrà a Salina, una delle isole Eolie, dal 1 al 4 luglio.

Quanto le manca Troisi e quanto manca all’Italia?

“Manca tantissimo. Era un artista eccezionale che riusciva a trasmettere dei messaggi importanti. Basta vedere il Postino: un film che offre una vera e propria lezione di vita, e cioè quella di credere negli ideali e nelle cose vere. Troisi ha lasciato un segno indelebile, ma sa cosa le dico?”.

Cosa?

“Che lui continua a vivere perché fin quando tu ricordi una persona, quella persona non andrà mai via. E questa è un po’ la magia del cinema. Certo, non c’è dubbio che avrebbe potuto fare tante altre cose belle”.

Ha parlato di ideali, quelli che Troisi riusciva a trasmettere… Il nostro Paese ha bisogno di ideali?

“Certo. Anche perché l’Italia in fondo non è mai cambiata più di tanto. I problemi che c’erano trent’anni fa, ci sono ancora adesso soprattutto al sud. Ed è assurdo perché stiamo parlando del granaio d’Europa, un luogo dove puoi trovare tutto quello di cui hai bisogno per essere felice”.

Eppure…

“Eppure viviamo ancora nell’arretratezza. Ti piange il cuore quando vedi, per esempio, che nel 2021 tra Gela a Palermo non è stata ancora completata l’autostrada. Poi vai all’estero, alle Maldive e trovi che anche nell’isola più sperduta hanno costruito un aeroporto e allora ti chiedi: com’è possibile?”.

Com’è possibile secondo lei?

“Dovremmo sfruttare al massimo le nostre ricchezze. Anche perché creare nuove infrastrutture, significa anche creare lavoro, muovere denaro… è un giro da mettere in moto per far ripartire l’economia”.

Tra le infrastrutture di cui si parla da tanto c’è anche il Ponte sullo Stretto…

“Guardi, sono appena ritornata dalla Cina dove ho appena fatto un documentario sui 100 anni dalla rivoluzione. Lì in pochi mesi hanno costruito 2 palazzi, 3 autostrade… sono passata in un luogo dove ero stata 5 anni fa per inaugurare una scuola per beneficienza e non le dico cosa ho trovato…”.

Ce lo dica…

“Hanno dato a tutti una casa, hanno costruito autostrade e più di 10 scuole”.

Ma questo che c’entra con il Ponte sullo Stretto?

“C’entra perché volere è potere, non esiste il non fare. E poi di cosa parliamo? Di un ponte lungo poco più di un chilometro? Questo atteggiamento italiano mi scoraggia, non mi fa essere positva”.

Come l’ha trovata la Cina post Covid?

“Benissimo perché loro lavorano. Non esistono più zone disagiate e questo mi ha meravigliato”.

E i contagi?

“Ci sono controlli talmente rigidi che ormai tutto funziona alla perfezione. Basta anche solo una persona contagiata per isolare l’intero palazzo e poi tutti, quando arrivano in Cina, sono costretti alla quarantena. Anche io sono rimasta in albergo per 21 giorni…”.

Una gestione che ritiene valida… si può dire lo stesso dell’Italia?

“Mah, guardi è facile criticare o dare giudizi. Sicuramente ci sono stati degli errori, ma bisogna dire anche che è stata una patata bollente. Insomma durante l’emergenza di solito non si è mai preparati…”.

Ora però l’emergenza sembra essere terminata e in più stanno per arrivare i soldi dall’Europa…

“Speriamo se ne faccia un uso adeguato. Sono aria per chi ha perso tanto anche nel mondo del cinema e dell’arte, considerato da sempre l’ultima ruota del carro”.

Pensa che al cinema e all’arte siano arrivati pochi aiuti?

“Sì. Spesso ci si dimentica che dietro a un film o un concerto ci sono decine di lavoratori che a loro volta hanno famiglie da mantenere. Insomma la politica non sempre si ricorda di loro”.

Draghi si ricorderà di loro?

“Lo spero. È un uomo di banca, ci fidiamo e speriamo che faccia bene. Ma da solo non può nulla, ha bisogno di persone che lo seguano”.

Ecco, lei parla di persone… donne o uomini non fa differenza?

“Certo, sono contraria alle quote rosa. L’importante è il merito, non conta il sesso. Per me in politica e nella vita se ti viene riconosciuto un ruolo, non deve esserti riconosciuto perché sei donna, ma perché sei brava. Anzi le dico di più: è deprimente che ci siano percentuali a favore delle donne”.

E se lo dice lei che della difesa delle donne ne ha fatta una battaglia personale…

“Certo. Le due cose sono assolutamente compatibili. Non c’è dubbio poi che continuerò a battermi perché ci sono ancora troppo donne che hanno paura di denunciare. Non bisogna mai avere paura di denunciare abusi. Lo Stato deve stare più vicino alle vittime, per questo continuerò ad appoggiare la campagna per inasprire le pene. Se ti arrendi, sei complice…”.

Ha visto la storia di Saman, la giovane pachistana scomparsa per mano dei genitori?

“Sì e sono rimasta scioccata. Mi ha stupito il silenzio che soprattutto all’inizio ha avuto questa storia. Se ne sarebbe dovuto parlare molto di più”.

Pensa che l’Islam c’entri qualcosa con questa triste vicenda?

“Io penso solo alla vittima. Per me è un essere umano, è una vita spezzata… è questo che mi interessa. E purtroppo storie di violenza se ne sentono tante anche tra italiani. È una questione di mentalità, la solita direi che non rispetta la donna per ciò che é”.

Il rispetto passa anche dalle parole?

“Ha visto il mio stato su Whatsapp? Mia madre diceva sempre che ‘la lingua non ha le ossa, ma ti rompe le ossa’. Ci sono persone che sono forti e si fanno scivolare tutto addosso, mentre altre per una parola tentano il suicidio perché magari sono già depresse o hanno problemi personali. Bisogna sempre state attenti a ciò che si dice. Le parole hanno un loro peso”.

Claudio Rinaldi, ilgiornale.it

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