Tutti per 1-1 per tutti: i Moschettieri del Re divertono ed emozionano

Tornano gli eroi di Dumas in uno spettacolare film sempre diretto da Giovanni Veronesi. Nel cast  Pierfrancesco Favino, Valerio Mastandrea, Rocco Papaleo, Giulia Michelini, Guido Caprino, Anna Ferzetti, Federico Ielapi, Sara Ciocca, Giulio Scarpati e Margherita Buy. In onda il 25 dicembre in prima assoluta su Sky alle ore 21.15; disponibile anche on demand e in streaming su NOW TV

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è Moschettieri.jpg

“Why not?”. Con frugale spavalderia, genetica incoscienza e ineluttabile attrazione per le sfide impossibili, i desesperados del Mucchio Selvaggio, sereni come dei Buddha con gli speroni, andavano al loro destino. Parimenti, i moschettieri immaginati dalla penna di Dumas e trasfigurati dalla cinepresa di Giovanni Veronesi cavalcano verso la loro ultima missione (ammesso che sia davvero l’ultima). Certo, rispetto alla ferocia e alla determinazione dei cowboy filmati da Peckinpah, i nostri guasconi risultano più melliflui, disincantati e un filo più cialtroni. Come scriveva Flaiano, “L’italiano corre in soccorso dei vincitori”. E nel film, questi personaggi, al netto dell’origine letteraria transalpina, sono epigoni della commedia all’italiana.

Per cui è già una vittoria vedere tre militi attempati e tutt’altro che ignoti, scegliere (forse loro malgrado) la via più tortuosa, più rischiosa, più dispendiosa per compiere un “beau geste”. 

Sicché al grido di Tutti per 1 – 1 per tutti (motto quanto mai opportuno di questi tempi) tornano D’Artagnan, Porthos e Athos. Ça va san dire sono più stropicciati, rispetto alla penultima, trionfale missione. E per giunta Aramis è finito a riposare tra i più.  Tuttavia, sempre con la voce di Sergio Rubini, l’inventore del vestirsi a cipolla e del paradenti in truciolato si palesa anche in questo film sotto forma di lupo, pronto a dispensare dritte e consigli, specie a chi ne ha più bisogno.

Più fiabesco e meno ancorato al modello monicelliano dell’armata Brancaleone rispetto alla precedente pellicola, “Tutti per 1 – 1 per tutti” non è sequel in senso stretto, ma un’avventura autonoma, in cui passato e presente dialogano in maniera più efficace e diretta.

Il punto di forza di tutta l’operazione si conferma, ancora una volta, il cast assolutamente centrato. È impossibile non scompisciarsi quando Pierfrancesco Favino sciorina improbabili massime sgrammaticate e condite dalla consueta cadenza franzosa. Già confondere papille con pupille fa ridere di suo, al pari della confusione tra budella, bidella e sorella, per tacere di quando “Picchio” favella in inglese slang come un rapper nero della East Coast. E Valerio Mastandrea non è da meno. Il suo Porthos, scazzatissimo, anela la pensione dopo 35 anni di contributi pagati. Un eroe smagato, disilluso, dolente, però pronto alla pugna, quando qualcuno si permette di dargli del codardo, specie se l’insulto viene da un inglese. Last, but not least, l’Athos di Rocco Papaleo diverte e piace in un crescendo di “trick-track e putipù”. Insomma, al netto della lordosi e delle ginocchia che fanno giacomo giacomo, i tre moschettieri se la giocano, in barba all’anagrafe e alla malinconia. Sono condottieri, con tante macchie e qualche paura, ma sempre al servizio della Regina, incline all’alzata di gomito, interpretata da una deliziosa Margherita Buy. E chissenefrega, poi arriveranno direttamente dall’Inghilterra, 7 agenti con licenza di uccidere pronti a sostituire i nostri infiacchiti eroi. Il prefisso 00, vince solo nei film di James Bond.

Anche perchè, questi 3 moschettieri posseggono insospettate doti canore, esplicate in un canto sardo, degno di un talent show.

Con le new entry di Tutti per 1 – 1 per tutti si va sul velluto, per giunta prezioso. A partire da Giulia Michelini. Il suo personaggio è una deriva steampunk che piacerebbe a Tim Burton. Un oracolo che centrifuga la Sibilla Cumana e Alexa, l’oracolo di Delfi e il navigatore satellitare. Non a caso si chiama TomTom.

Assolutamente in parte pure Anna Ferzetti, villain da favola, e protagonista di una divertente scena di passione animalesca, in senso letterale con il marito Pierfrancesco Favino. Di pregio i camei di Giuliano Sangiorgi, casellante identico a Lucio Dalla, e pronto a sbolognare “meluni”, nel segno della più autentica tradizione salentina e di Adriano Panatta, ciambellano di corte dall’improbabile acconciatura. In questa seconda avventura, abbiamo il piacere di avere pure Cyrano de Bergerac: in questo caso, il mito nato dal genio di Edmond Rostand ha il volto di Guido Caprino. Pure con il lungo e leggendario naso generato da un ottimo trucco prostetico, è fascinoso e credibile e soprattutto risulta assolutamente condivisibile il suo invito: “Cantate, sognate, siate liberi…”.

Ed è quello che tentano di fare i due giovanissimi innamorati che danno via a tutto l’intreccio. Sia nelle scene ambientate ai giorni nostri, con tanto di obbligatoria mascherina anti-covid, sia catapultati nel Seicento, i giovanissimi Federico Celapi e Sara Ciocca risultano a loro agio.

Un po’ come Ubaldo Pantani che indossa il saio frate Champignon dal volto ulcerato e financo Giulio Scarpati, reso invalido dagli squali, ma con un cuore talmente grande da guadagnarsi il nome di “Beghelì” perché salva le vite, nello specifico quelle dei bambini. 

Come dice con una battuta epocale D’Artagnan, rendendo omaggio ai Pooh: “mi dispiace devo andare, il mio posto è là”, Perché, al netto delle ubbie, delle nevrosi e dell’artrite, bisogna andare sino in fondo e acciuffare il futuro per i capelli.

“Tutti per 1 – 1 per tutti per 1” schiude le porte alla repubblica. Siamo tutti uguali. Quindi facciamo morire i moschettieri, e facciamo il nostro dovere come uomini. Senza retorica, con quel cinismo affettuoso e assai toscano, il film di Giovanni Veronesi ci invita a lottare per le persone a cui vogliamo bene. Non a caso La cura di Battiato è la colonna sonora di una delle scene più intense. Con quei mantelli, quelle acconciature, quelle atmosfere, il film è un endorsement alla fantasia. E, pazienza, sul set sono stati fatti più tamponi che duelli, e che questi spadaccini ardimentosi, sarebbero i primi a essere vaccinati se fossero vissuti al tempo della Pandemia. Il film rimanda l’immaginazione al potere e la fantasia sul ponte di comando. E come chiosa quel lupacchiotto sapiente di Aramis:

“Non importa dove andiamo, basta che stiamo insieme. Io non so se vissero felici e contenti. La fantasia è dura a morire guagliò”.

E come si può dargli torto?

Per cui, risulta una frugale, ma efficace panacea perdersi tra i campi lunghi, i motti di spirito, i duelli di questa avventura picaresca, in cui si torna tutti bambini e soprattutto si ricomincia a credere agli amori impossibili, che, in fondo, sono i migliori.

Tant’è che alla fine del film ti viene voglia di cantare, pure se sei stonato, i versi terapeutici del maestro Battiato:

“Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore
Dalle ossessioni delle tue manie
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare

E guarirai da tutte le malattie
Perché sei un essere speciale
Ed io, avrò cura di te”.



Paolo Nizza, Tg24.sky.it

Torna in alto