Negli ultimi mesi del 2019 prenderà il via pure il nuovo ott di At&T, che dopo aver rilevato Time Warner (editore, tra l’altro, dei network televisivi Cnn e Hbo) per 85 miliardi di dollari, debutterà con tutti i film, le serie tv, i documentari e l’animazione di Time Warner. Si inizierà soprattutto con contenuti Hbo, Turner e Warner Bros. Va sottolineato che Warner Media ha già un suo ott, Dc Universe, tutto dedicato ai personaggi dei fumetti e dei supereroi Dc Comics. E pure Hbo ha un suo ott, Hbo Now. Sarà interessante capire il destino di entrambi.
Viacom ha annunciato un potenziamento delle offerte in ott per i suoi brand Mtv, Nickelodeon, Comedy Central. E Discovery si rafforza nel mondo degli ott, con Eurosport Player (49,99 euro all’anno), con Golf tv (realizzato insieme con Pga e dedicato al mondo del golf, per ora 5,99 dollari al mese), e con nuove iniziative in Germania e più in generale a livello europeo.
Insomma, come più volte ribadito da David Zaslav, presidente e amministratore delegato del gruppo Discovery, e da sempre molto critico nei confronti di Netflix e affini, «i servizi delle piattaforme di streaming on demand esistono solo perché noi produciamo contenuti. Stiamo sostenendo un modello economico che non ha senso».
Perciò, i grandi produttori di contenuti provano a fare da soli. Al momento ci sono già oltre mille ott nel mondo, e pure lo sport, dall’ott della Formula Uno (26,99 euro all’anno) fino alle grandi spinte per realizzare offerte delle leghe calcio (in Spagna già accade così, in Italia si è tentato di farlo fino allo scorso giugno) segue questa strada.
Si fa fatica a pensare che fine faranno tutte queste app in un mondo già molto affollato, in cui ovviamente Netflix la fa da padrone cone i suoi 137 milioni di abbonati, ma dove conquistano posizioni Amazon Prime Video, Apple, Google con Youtube, Facebook Watch, Rakuten tv, Chili, Dazn, Eleven Sports e, restando in Italia, Now tv, Infinity, TimVision, e, nel segmento free, Rai Play, Mediaset Play, Dplay, ecc.
I grandi produttori di contenuti o i detentori dei diritti tv sapranno rinunciare del tutto ai ricchi e sicuri introiti della piattaforme distributive tipo Netflix o delle pay tv, facendo da soli? Molto improbabile. Tuttavia, sottrarranno parecchio ossigeno e archivio a soggetti tipo Netflix, che già ora sono piuttosto in difficoltà, sommersi dalle decine di miliardi di dollari di debiti e dai miliardi di dollari di cassa bruciati ogni anno. Peraltro, restando al caso Netflix, gruppo costretto a investire 12 miliardi di dollari all’anno in nuove produzioni originali, si porrà un tema di qualità e profondità dell’archivio se Disney o At&T dovessero tenersi in esclusiva alcuni blockbuster alla Harry Potter o qualche supereroe della Marvel.
Perché è probabile che tra cinque anni nessun cliente di Netflix guarderà più serie tipo Stranger things, Narcos, The Crown, Suburra, House of cards o La casa di carta, in quanto il cosiddetto binge watching (consumare i contenuti una puntata dopo l’altra, in modo bulimico), molto promosso da Netflix, ha come controindicazione quella di non creare ever green, ma solo fenomeni cotti e mangiati molto velocemente. Questo costringerà Netflix a continuare a investire un sacco di soldi in serie tv di culto e in grado di stimolare gli abbonati. Ma, nei prossimi anni, non sarà per nulla facile.
Claudio Plazzotta, ItaliaOggi