“Dogman” alla conquista del mondo, in attesa di sapere se rappresenterà l’Italia agli Oscar

Mentre è alle prese con il casting del nuovo film tratto dal «Pinocchio» di Collodi e in attesa di sapere se toccherà proprio a lui il compito di rappresentare l’Italia agli Oscar 2019, Matteo Garrone continua a ricevere apprezzamenti internazionali per «Dogman» che, dopo il premio all’ultimo Festival di Cannes (Marcello Fonte ha guadagnato la Palma del miglior attore protagonista) ha affrontato il giudizio della platea Usa. Dalle kermesse di Telluride e di Toronto, non solo nelle critiche dei grandi giornali specializzati, che si erano già espressi positivamente dalla Croisette, ma soprattutto nei tweet, nei commenti online, nelle valutazioni dei blogger, nei video e alla radio, il coro delle lodi è unanime e si capisce che il film, pur essendo ispirato a un episodio di cronaca romana di fine Anni Ottanta, comunica un significato universale capace di oltrepassare qualunque barriera linguistica e geografica. Sul magazine «Cinema Scope» il critico Diana Dabrowska parte da una citazione di Italo Calvino per descrivere il particolare «approccio antropologico» del regista, interessato non tanto alla fedeltà della ricostruzione degli avvenimenti, quanto piuttosto «alla ri-definizione della dicotomia tra le due categorie di vittima e carnefice». Secondo Dabrowska «Dogman» è «prima di tutto un racconto mitologico sull’Apocalisse del vivere quotidiano in cui una specie di versione italiana di Buster Keaton si trasforma, da personaggio di contorno, poco appariscente, in una sorta di grande Redentore». Nell’articolo di Nathaniel Rogers su «The Film Experience» «Dogman» è già indicato come il molto probabile candidato italiano all’Oscar 2019 per il miglior film in lingua non inglese. In un tweet dal «Toronto Film Festival» David Bax, conduttore della video-rivista di critica cinematografica «Battleship Pretension», definisce «Dogman» «un altro devastante quadro firmato da Garrone sull’infinita meschinità della natura umana. Non sublime come quello offerto da “Reality”, ma illuminato dalla performance stellare del protagonista Marcello Fonte». In onda su «CKCU» l’attore Michael O’Keefe ha dichiarato: «”Dogman” mi è piaciuto moltissimo. Mi ha ricordato un film che ho amato, “Umberto D.”, e le prove degli attori sono incredibili». Il direttore del «Montlcair Film Festival» Tom Hall osserva in un tweet che nel film di Garrone «non c’è catarsi per la brutalità del potere maschile, ma solo degradazione. In genere il regista fa film in cui descrive gli abissi della corruzione sociale, stavolta si immerge nell’anima degli individui andando a scoprire qualcosa che non ha niente a che vedere con il trionfo o la soddisfazione, ma riguarda solo un senso di profonda umiliazione». Marshall Shaffer di «Slash Film» premette di non essere un fan abituale dell’autore italiano ma di aver avuto una grande sorpresa nel vedere la sua ultima creazione «Un dramma intenso e intimo sulla figura di un uomo che, nel tentativo di mantenere integra la sua indole di brava persona, finisce per incoraggiare, involontariamente, le azioni di gente malvagia». La conferma del successo internazionale arriva dall’infinito elenco dei Paesi in cui il film è già stato comprato, spesso da distributori influenti, in grado di garantire adeguata diffusione. Se in Europa l’opera è stata venduta praticamente a tappeto e se in India la trattativa è tuttora in atto e a buon punto, «Dogman» è già pronto per uscire in Argentina, in Australia, in Nuova Zelanda, in Cina, negli Emirati Arabi, in Iran, a Hong Kong, a Taiwan, in Israele, in Giappone, in Brasile, in Messico, in Paraguay, in Libano, a Singapore, in Turchia, e soprattutto in Usa dove, ai fini di un’eventuale candidatura all’Oscar, l’arrivo nelle sale è di cruciale importanza.

Fulvia Caprara, lastampa.it

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