Confessioni alla Frassica: «in tv mi autocensuro, meglio la radio»

Il comico fra i protagonisti dell’estate con «Complimenti per la connessione».

E debutterà alla Scala. «Fabio Fazio merita, anch’io vorrei più soldi»

 

Partiamo dal binge watching.
«Addirittura? Ne ho sentito parlare. Cos’è?».
Complimenti per la rimozione (significa guardare una serie tv senza soste, un episodio dopo l’altro). Nino Frassica ogni giorno è su Rai1 con Complimenti per la connessione, una serie semplice e ironica per alfabetizzare chi conosce poco il mondo digitale.
«Io faccio la parte dell’allievo, i termini tecnici poi vengono spiegati dagli “insegnanti”. È strutturato come il vecchio Carosello. Prima la parte divertente, lo sketch — quello che faccio io —, poi arriva il messaggio serio».
Lei quanto è tecnologicamente avanzato?
«Ho ancora un telefonino di quelli vecchi, faccia lei».
Coi social come se la cava?
«Ho imparato a usare Facebook. Tra i tanti profili falsi, c’è anche quello mio vero. I social mi sembrano tutti uguali però, una giungla dove non sei tutelato. Ma anche quando sei in strada è così, bisogna solo scegliere la compagnia giusta di persone con cui accompagnarsi».
Nessuna critica?
«Danno via libera alla nostra vanità. Una volta per avere un pezzo su un giornale dovevo conoscere qualcuno per farmi sponsorizzare. Ora possiamo fare uno spettacolo e recensirlo noi stessi. In fondo sono un mezzo di espressione che si aggiunge a tanti altri. Prima c’era il fotoromanzo, ora ci sono i social. Ma tutti possono fare danni, anche la tv».
Le fake news di quando era ragazzo?
«Erano scherzi organizzati, si prendeva una casa abbandonata e si diceva che c’erano le streghe. Non è cambiato niente. La gente ha bisogno di credere, non importa che sia vero. Ci sono ancora persone che vanno dai maghi…».
Nella prossima stagione televisiva sarà ancora con Fazio. Cosa le piace di lui?
«Mi colpisce per la sua lucidità. È bravissimo a fare tutto: intervistare un Nobel o un ballerino. E poi ama l’improvvisazione».
E del contratto di Fazio che idea si è fatto?
«Merita tutto quello che gli danno. È commercio: fa ascolti, vende pubblicità e guadagna in proporzione. Non vedo lo scandalo».
Lei ha chiesto l’aumento per andare nel programma «Che tempo che fa»?
«Lo chiedo, ma non me lo danno».
Anche Marzullo è un ospite fisso, con le sue magliette a righe.
«Lui si vuole distinguere, forse vuole fare lo stilista e lanciare la linea Marzullo, dal pigiama alle mutande».
Filippa Lagerback è una presenza assente. Non trova?
«Nessuno costringe nessuno. Anche al cinema ci sono le comparse. Avere un ruolo piccolo non è sminuente».
La sua sliding door?
«Sarebbe?»
La svolta nella carriera.
«Arbore, ovvio. A Quelli della notte avevo solo due interventi a puntata. Con Indietro tutta! diventai il presentatore fisso. Lì cambiò tutto».
Adesso debutta anche alla Scala: sarà nel cast di «Il pipistrello» di Johann Strauss. Si è montato la testa?
«Non cambio mestiere. Non canto, ho solo una parte recitata. Un personaggio divertente che è perfetto per me».
Da Sanremo alla Scala: non le manca niente?
«Voglio andare a Dalla vostra parte su Rete4 e da Barbara D’Urso: voglio litigare la domenica pomeriggio».
Tv, radio, fiction: dove si diverte di più?
«Nel mio Programmone su Radio2. Non mi devo frenare, posso fare quello che voglio. È una trasmissione ironica e divertente dove invito Bracardi, Marenco, Pozzetto, tutti personaggi che come me amano il surreale».
In tv è meno libero?
«La tv mi mette soggezione, a volte mi autocensuro, mentre la radio è casa mia».
Il lato positivo del successo?
«Quando ti presenti in pubblico la gente è ben disposta. Faccio le stesse battute: ma da famoso hanno più successo che da sconosciuto».
Il lato negativo?
«La privacy. Ci sono posti dove non puoi andare perché tutti ti guardano, ti assalgono. Alla fine rinunci».
Visto che le piace il surreale. Risponda a una domanda che non le ho fatto.
«Ho conosciuto Arbore grazie a un messaggio che gli lasciai in segreteria. Gli dissi che ero un mio ammiratore e volevo parlare con Arbore».

di Renato Franco, Il Corriere della Sera

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