FIORELLA MANNOIA: «HO SCOPERTO DI ESSERE BELLA A 51 ANNI SPOSARMI? PERCHÉ NO»

mannoia (di Chiara Maffioletti, see Corriere) Quando Fiorella Mannoia era una bambina, sovaldi il padre non le raccontava le favole. Lui preferiva farla addormentare con «le storie delle opere. Così so che Rigoletto ha ammazzato per sbaglio sua figlia, che Traviata è morta incolpevole… Mi piacevano ma ci piangevo, perché alla fine queste povere donne morivano sempre tutte». Ma quel momento, prima di prendere sonno, rimane uno dei ricordi più cari della cantante, che mentre parla sembra rivedere «papà che, in falsetto, mi cantava le arie più celebri… vissi d’arte, vissi d’amore… Ancora oggi non c’è volta che senta l’ouverture della Traviata senza che mi metta a piangere perché mi torna in mente lui».

Il 7 settembre, quando sarà sul palco dell’Arena di Verona per il concerto in cui festeggerà 40 anni di carriera, un pensiero non potrà che andare a quel papà con cui aveva un rapporto «tanto speciale, diverso da quello che ho con mia mamma. Lei ha 94 anni e la amo moltissimo. Ma con papà era un’altra cosa: tutte le coccole, le carezze, le ho ricevute da lui».

La mamma lavorava, aveva tre figli… «È orgogliosa di me, ma non è stata mai fanatica. La mia famiglia non mi ha mai né ostacolata né eccessivamente incoraggiata: mi hanno lasciata libera di scegliere. E nessuno è cambiato con me: mio fratello e mia sorella spesso dimenticano se è uscito un mio disco. Mi fa piacere: tutto è come prima».

Idee poco chiare
Prima, quando aveva 14 anni e ha iniziato a cantare. «Non avevo le idee chiare su dove volessi andare. Oggi i ragazzi sono più scafati: questa loro disinvoltura a me manca. Ancora adesso, in tv, non sono a mio agio». Il punto di svolta nella sua carriera è arrivato con Quello che le donne non dicono: «Ha cambiato la mia vita. Lì ho deciso che cantare sarebbe stato il mio destino». E quindi «ho cominciato a dire una serie di no». La sua strada, aveva realizzato, era quella della canzone d’autore. Tra i tanti incontri, quello con De Andrè le è particolarmente caro: «Eravamo seduti vicini a un concerto di Fossati: ero diventata rossa, mi batteva il cuore. Per me non è stato un musicista ma un maestro di vita. Dopo alcuni minuti di silenzio, ho approfittato del buio e gli ho detto cosa significava per me. Lui non ha detto niente. E mi ha abbracciata». «Noi siamo quello che abbiamo sentito, letto. Siamo il risultato delle nostre esperienze. Ho sempre assorbito le cose che dicevano le persone che ho stimato, le loro letture le ho fatte mie».

Secondo la cantante, ognuno di noi porterebbe così dentro sé «pezzettini di altri». Ma se le si fa notare che in tanti custodiscono dunque un pezzettino di lei, si imbarazza: «Tanti mi scrivono, mi dimostrano affetto. Se sono un riferimento mi fa piacere ma non mi ci soffermo, voglio ancora imparare più che insegnare».

Tra le altre cose su cui non si è mai soffermata c’è anche la sua bellezza. «Ho 61 anni e mi sento una bella donna da dieci. Ho scoperto di essere bella a 50 anni e da lì ho iniziato a giocare con la mia femminilità. Prima non ci ho mai riflettuto. E dire che oggi, quando rivedo le foto di quando ero più giovane, dico: ma cavolo, non ero così male, perché non ci pensavo?». Non glielo facevano notare nemmeno gli altri? I suoi uomini? «Ho avuto storie molto lunghe… passati i primi tempi di passione, si traducono in quotidianità. Forse, ora che ci penso, gli uomini con cui sono stata non mi hanno mai fatta sentire così tanto bella, no. Forse da dieci anni a questa parte ho un fidanzato che me lo ricorda». E scoppia in una risata aperta, prima di ammettere che se prima «volevo mi dicessero che ero brava piuttosto che bella, ora mi fa più piacere il contrario… sarà che con la vecchiaia uno rimbambisce…».

Porta sempre aperta
Amata, però, lo è stata molto. Ma non si è mai sposata. «Non l’ho mai ritenuta una priorità. Le coppie devono stare assieme finché c’è amore». Non può essere eterno? «Ci ho creduto. Però ho sempre pensato anche che la porta era aperta, sia per me che per lui. Forse questo non sposarmi era dettato dal desiderio di non vedere quella porta chiusa». Ora però, con questo fidanzato che la fa sentire finalmente bella, le cose non potrebbero cambiare? «Perché no? Può darsi che presto ci sposeremo».

Se avesse avuto figli, riflette, magari l’avrebbe fatto prima. «Non sono arrivati. C’è questo stereotipo per cui la donna per forza deve farli, altrimenti è donna a metà: non l’ho mai accettato. C’è chi non ha istinto materno, altre che possono sentirsi madri nella vita anche non essendolo. Io non ho avuto figli. C’è stato un periodo in cui li avrei voluti e non sono arrivati ma oggi non mi mancano». Per tentare di averli «non ho fatto percorsi alternativi: sono dolorosi. Canalizzano la tua attenzione solo su quell’aspetto come se fosse l’unica cosa che conta. Io mi sono detta: se questo è il mio destino, lo accetto. Il segreto è non sentirlo come una frustrazione. Ci sono tante cose belle nella vita che una donna, un essere umano, può fare». Con la mente però, il pensiero torna a quegli anni… «Ricordo quando andai a fare l’ultima visita dal ginecologo. Era anziano e mi disse: “Signora, non si può avere tutto. Lei è stata una donna fortunata. Si accontenti”. L’ho mandato a quel paese. Una volta in macchina, mi sono fermata e mi sono detta: però ha ragione».

Un foglio tutto bianco

Oggi, tra chi più ammira ci sono gli insegnanti: «Uno dei mestieri più belli del mondo. Un figlio è un foglio bianco e tu genitore ci scrivi sopra: una cosa quasi divina. Subito dopo vengono gli educatori: forgiano gli esseri umani, le menti del futuro. Per questo il discredito che buttano sulla scuola mi urta e indigna tantissimo».

Un sentimento quasi inedito per una donna che, si vede, è profondamente «tranquilla. Non mi stresso, non faccio capricci. In tournée mi chiedono: cosa vuoi mangiare? Quello che vi pare, cosa vuoi che importi. Oppure che alberghi preferisco, ma tanto ci devo dormire una notte… La mia gratitudine, piuttosto, è tutta per le persone che sono venute a vedermi in questi anni. Mi hanno fatto il regalo più grande, la libertà».

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