Da Caparezza a Coma_Cose, le recensioni alle uscite discografiche

Caparezza propone un’altra anticipazione sul prossimo album. Male Achille Lauro, toppa anche il rapper Rkomi con Tommaso Paradiso. Benissimo invece i Coma_Cose, i Selton e i Ministri. Chicca della settimana la preghiera surreale e immaginifica di Alessio Bondì

Caparezza propone un’altra anticipazione sul prossimo album ed è un’altra piccola perla del repertorio di un artista straordinario. Male Achille Lauro, nonostante sia forse il suo miglior album, toppa anche il rapper Rkomi, che si fa accompagnare da Tommaso Paradiso in un brano privo di particolare appeal. Benissimo invece i Coma_Cose, i Selton e i Ministri, a riprova del fatto che il meglio della nostra musica proviene dal mondo dell’indie. Roba da palati fini il nuovo disco di Joe Barbieri, chicca della settimana la preghiera surreale e immaginifica di Alessio Bondì.

Caparezza – “La scelta”:

Aspettando l’uscita di “Exuvia” il prossimo 7 maggio, Caparezza snocciola il secondo singolo che anticipa l’album; il titolo è “La scelta”, un brano meraviglioso in cui il rapper di Molfetta sciorina le vite di Lodovico e Marco, alias Ludwig van Beethoven e Mark Hollis dei Talk Talk, con un romanticismo e una precisione degni di una biografia che umanizza due miti assoluti della musica, che li riporta ad una vita che, aldilà della fama, è comunque fatta di scelte, non meno patetiche ed eroiche di quelle che noi tutti facciamo ogni giorno. Caparezza si conferma una delle migliori penne della scena musicale italiana, tutta, non solo rap.

Achille Lauro  – “Lauro”

A dispetto della sempre più palese inconsistenza artistica di Achille Lauro, ancora molto bravo ad enfatizzare la messa in scena a dispetto di una evidente carenza musicale, “Lauro” è forse il miglior lavoro del performer romano. Che poi tutte le critiche che riceve, altro non sono che proteste alla vorace e ostentata, quindi fastidiosa, falsa necessità di intellettualizzazione del progetto. Come quando un ristorante decide di alzare pretese e prezzi presentando nel menù piatti con cinque righe di descrizione degli ingredienti e poi nel piatto ti svuotano una scatoletta di tonno. Achille Lauro non sa cantare, non sa scrivere, vorrebbe smuovere coscienze ma il suo talento non basterebbe nemmeno a scatenare un maremoto dentro una bacinella.

Prendere quel poco che riesce a mettere in piedi (e in questo disco qualcosa che sta in piedi c’è, perché negarlo?) e farlo passare per arte alta è dannoso, lancia un messaggio preciso: con la semplicità, estrema semplicità, non solo si fa il successo, non solo si fanno i soldi, ma si fa pure l’arte. No, dispiace fare la figura di quelli che spengono la musica mentre un’orda di giovinastri impreparati balla e prepara l’altare per il loro idolo, ma non confondiamo troppo le cose. Lauro non è un cantante e men che meno è un artista, il fatto che poi lui ci creda molto, be, non sono affari nostri, e non lo vorremmo nemmeno fuori dalle scene, non ce ne sarebbe motivo, in fondo bisogna dargli atto che quello che fa lui, qualunque cosa faccia, lo fa solo lui. Detto ciò, ripetiamo, “Lauro” è il miglior disco proposto finora da Lauro, “Latte ­+” e “Come me” si sono perfino ritagliate un posto nella nostra playlist personale. E non l’avremmo mai detto.

Rkomi feat. Tommaso Paradiso – “Ho spento il cielo”:

Siamo sicuri che anche Usain Bolt almeno una volta nella vita sarà inciampato su qualcosa; ecco, Rkomi, ottimo rapper, è decisamente inciampato su questo brano, talmente poco accattivante da far risaltare perfino il ritornello di Tommaso Paradiso, che non azzecca un pezzo dai primi Thegiornalisti. Capita. Peccato.

“Envidioso” – Capo Plaza feat. Morad:

Avete presente quando state amabilmente chiacchierando a cena a casa con degli amici, bevendo buon vino, ma c’è qualcosa che vi disturba, un rumore di fondo insistente, che nemmeno riuscite a capire cos’è, ma che intercetta perfino la formulazione di un pensiero coerente da quanto fastidio vi provoca? Poi il padrone di casa gira verso il basso la manopola del volume dello stereo e tutti tirano una sorta di respiro di sollievo…ecco, alla fine dell’ascolto di questo brano vi sentirete esattamente così.

Coma_Cose: “Nostralgia”:

I Coma_Cose crescono, dal rap poppizzato delle prime uscite, divertente da seguire negli intriganti e genialoidi giochi di parole, al cantautorato puro, moderno, impegnato, di questo “Nostralgia”, in cui ritroviamo Lama e California presi da una poetica più matura, più intimista, e proprio con questo stratagemma ci guidano nel loro labirinto di immagini e romantiche capriole di semplicità. A parte “Fiamme negli occhi”, un arcobaleno d’amore sincero irradiato via Sanremo nelle case di tutti gli italiani, imperdibili “Discoteche abbandonate” e soprattutto “Zombie al Carrefour”, malinconico e splendido pezzo in cui California dimostra di essere forse la voce femminile italiana più intensa del momento.

Ministri – “Peggio di niente”:

Non andrà tutto bene nemmeno per sbaglio, la visione pessimista, ma estremamente tangibile, che esprimono in questo pezzo i Ministri, non solo ci trova d’accordo concettualmente, ma ci pervade tutti i muscoli del corpo, atrofizzati da anni di cantautorato loffio, malfatto, e deserti di reggeaton davanti ai nostri occhi. Bello alle volte tornare alle sane abitudini di una volta: rock, schitarrato a dovere, sguaiato, urlato, con riferimenti ai migliori anni ’90, quando l’indie era vivo e vegeto e si nascondeva negli anfratti dei club di provincia, al sicuro dalla tv, per mantenersi libero e selvaggio. Come lo sono sempre stati i Ministri, Dio li abbia in gloria.

Selton – “Benvenuti”:

Come sempre, un disco dei Selton ti porta in vacanza altrove. Non in Brasile, che è il posto dove sono nati i tre ragazzi della band, né a Milano, quello dove hanno deciso di risiedere e lavorare. È un posto che sta a metà strada tra la strada e le nuvole, un posto soffice dove, ci immaginiamo, mangiando caramelle, puoi guardare tutto senza che niente sfugga al tuo occhio. In “Benvenuti” infatti, parola concettualmente surreale di questi tempi in cui non possiamo accogliere nessuno, se non attraverso uno schermo, la nostra vita viene fatta letteralmente a pezzi, divisa in sequenze come, chissà perché, ci chiedevano di fare al liceo per capire la narrativa.

I temi trattati sono tutt’altro che sempliciotti, infatti si parla di politica, si parla di società, si parla di sesso e si parla anche, appunto, di accoglienza, una parola stracciata in mille coriandoli lasciati a marcire in mezzo al mare da una certa politica che si ostina a non annusare niente che orbiti aldilà del proprio naso, incapace di guardare al mondo con la leggerezza dei Selton e della loro musica. I brani rappresentano un perfetto crossover tra la scrittura del nuovo cantautorato e la nostalgia delle ballate brasilere, di quelle belle che ti fanno sciogliere il cuore.

Emanuele Aloia – “Sindrome di Stendhal”:

Testi da scuola media, sound moderno eppure straordinariamente già sentito. Tutti i brani si assomigliano, nei temi e nella struttura. Mezz’oretta e spicci di ascolto della quale non resta una sillaba. Tempo perso. Skip.

Alessio Bondì – “Ave Maria al contrario”:

Alessio Bondì ti strappa il cuore, con la sua musica tocca nervi scoperti, li individua con una precisione chirurgica, li stuzzica con la punta della penna, lì solletica fino a lasciarti letteralmente in ginocchio, in lacrime per qualcosa che non sai, per quel malessere sottofondo costante di tutte le anime decenti, evidenziato, messo in musica, in poesia, che arriva anche a chi non capisce il dialetto siciliano. Bondì arriva dove molti cantautori nemmeno si sognano di andare, ha una poetica innata, un fascino avvolgente, un sospiro di musica che fa tremare.

Tredici Pietro feat. Mecna – “Oro”:

Incontro felice tra due rapper di due generazioni diverse in un brano ottimamente prodotto da Andy The Hitmaker, che gli da un respiro quasi internazionale. Tredici Pietro fa il gioco sporco, Mecna impreziosisce, il risultato è gradevole.

Tauro Boys feat. PSICOLOGI – “Jeans”:

Brano da boyband anni 2000, decisamente destinato ad un pubblico di giovanissimi, o comunque chiunque rimanga colpito da tutto ciò che di più elementare si possa dire, fare, pensare e scrivere sul sesso tra ragazzi. Per intenderci, fosse un film lo girerebbe Moccia.

Joe Scacchi e Tommy Toxxic feat. Carl Brave – “Lexotan”:

La sacra scuola romana del rap respira ancora in questa serie di barre dalla malinconia tangibile e onesta.

“Non cambi mai” – Mameli feat. Blind e Nashley:

L’ex “Amici di Maria De Filippi” Mameli canta insieme all’ex X-Factor Blind, Nashley per entrare nel progetto ha detto di essere stato a The Voice, conscio che tanto The Voice in Italia non lo guarda nessuno. Scherzi a parte, il brano è acerbo, è messo in piedi in maniera più o meno credibile, ok, ma non abbastanza da essere considerata musica seria.

Comete – “Naftlaina”:

La musica non è più un luogo dove ci si può sistemare in posizioni neutre, il mercato si è troppo aperto, il prodotto è diventato troppo facile da costruire in casa facendo meno casino che con il bricolage, se non sei centrato, efficace, magari non unico, ma perlomeno raro, è matematicamente impossibile emergere. Ci si deve rendere in qualche modo indispensabili, un talent aiuta ma non risolve il problema, per questo nella stragrande maggioranza dei casi da lì ci passano senza riuscire a trasformare la passione in lavoro. Il problema di Comete è che non abbiamo bisogno di lui, se quello che sa dare lui è quello dato finora.

Joe Barbieri – “Tratto da una storia vera”:

Un album per palati raffinati, per ascoltatori attenti che sappiano godere della musica quando è fatta bene. Joe Barbieri se la duetta leggiadro con la sua classe innata con i compagni di viaggio che gli si addicono, gente come Fabrizio Bosso, Mauro Ottolini, Jacques Morlenbaum, Carmen Consoli, Sergio Cammariere, Tosca, Luca Bulgarelli…tutta gente, insomma, che oltre ad essere di un altro livello, un livello troppo spesso dimenticato da chi vende la musica in questo paese, ha fatto una scelta ben precisa, quella di non farsi imbambolare dalla sbrilluccicanza della tv di flusso, dall’intermittenza di un algoritmo, e alla fine succede che i loro dischi ti cascano addosso leggeri e intensi come neve. Questo di Joe Barbieri è un album da ascoltare prima e conservare gelosamente dopo.

PLZ – “è ancora presto”:

L’electro itpop del duo mascherato sta evidentemente esplorando tutti gli spigoli del nostro mercato, quando deciderà siamo sicuri che comincerà una bellissima storia, perché parliamo di musicisti che non ne sbagliano una.

Kaufman – “Yoga”:

Siamo fan sfegatati della band bresciana, perché tutto ciò che producono ha un senso? Si, ma anche perché apprezziamo particolarmente la musica realizzata con competenza, passione, onestà. Questa “Yoga” tratta l’argomento più vecchio del mondo, lei che lascia lui e lui che soffre, eppure è come se fosse la prima volta. Bravissimi.

Golden Years feat. Laila Al Habash – “Sale”:

Uno specchio attraverso il quale guardiamo ciò che desideriamo e non possiamo raggiungere. E piangiamo. Pezzo bello, struggente, moderno, “Non pensi mai a quanto siamo scemi?” è il primo passo verso la rassegnazione, che non è un sentimento facile da trasmettere, non è materia da canzone solitamente.

ESSEHO – “Michelle”:

Se Ghemon e Frah Quintale hanno posto le basi per questo affascinante crossover tra cantautorato indie e quel rap che sa un po’ di R&B, ESSEHO si candida a celebrarlo. Questa “Michelle” è potente e coinvolgente, e artisti convinti dell’efficacia di questo genere di musica, così desueto in Italia, ce ne vorrebbero almeno una manciata.

Celestopoly – “Vuoi fai”:

Le contraddizioni della vita moderna consacrate in una ballad moderna, affascinante, ben strutturata. Non è facile sgomitare in questo oceano informe che è diventato l’indie, per farlo l’unica cosa che si può fare è essere bravi. Celestopoly è bravissimo.

Supernino – “Supercinema”:

Una parentesi del futuro, di quello che potrebbe proporre il mercato discografico italiano nei prossimi anni, l’evoluzione del cantautorato, che virerà inevitabilmente verso sonorità più elettroniche, e parole e suoni dovranno imparare a convivere. In questo album se ne vanno proprio a braccetto, giocano insieme, polverizzando tutto ciò che pensiamo di sapere sui generi musicali. In questo pentolone infatti ci sta dentro di tutto, dal pop al rap, da ospiti come Willie Peyote a ospiti come Auroro Borealo, tutto va bene e tutto riesce bene. La forza di Supernino è evidentemente questa e vale oro.

agi.it

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