«Dilili a Parigi», una fiaba-cartoon per i diritti delle donne

Il regista francese Michel Ocelot: «Oggi stiamo tornando indietro»

Si chiama Dilili la bambina dalla pelle ambrata che viene da lontano, protagonista di un incantevole film che porta il suo nome, «Dilili a Parigi». Una fiaba dalle tinte luminose e i risvolti oscuri firmata da Michel Ocelot, mago di un’animazione raffinata e profonda, capace di raccontare sotto forma di favola argomenti tra i più ardui. Come la convivenza possibile tra cristiani e musulmani in «Azur e Asmar», o la violenza sulle donne di «Kirikù e la strega Karabà». Tema quest’ultimo ripreso e esteso in queste avventure di Dilili (nei cinema dal 24 aprile), dove l’orfanella canaca, fuggita clandestina dalla Nuova Caledonia, approda nella capitale francese del 1900 con l’aiuto dell’anarchica libertaria Louise Michel, maestra di diritti delle donne e ribellione contro le ingiustizie.Lezioni subito messe a frutto dalla vispa Dilili. Scoperto un losco traffico di bambine rapite dalla setta dei Maschi Maestri, brutta gente che tenta di fermare l’emancipazione femminile costringendo le piccole vittime a coprirsi con veli neri e camminare a quattro zampe, Dilili si propone di salvarle a rischio della vita. Ribelle Zazie ancora senza metro, sale sul triciclo spericolato di un giovane fattorino e insieme attraversano la sontuosa Parigi della Belle Époque a caccia dei criminali misogini con l’anello al naso nascosti nelle fogne.«Naturalmente quei rapimenti non sono mai successi a Parigi — precisa Ocelot —. Volevo mettere a confronto un momento storico in cui le donne stavano prendendo il volo, infrangendo le barriere che le avevano tenute lontane dalla cultura e dall’indipendenza, e un oggi dove quei diritti sono di nuovo minacciati. Stiamo tornando indietro. In Francia come altrove, il numero delle donne uccise supera quello delle vittime di guerra. Ogni tre secondi una minorenne viene data in sposa, ogni anno due milioni di ragazzine muoiono perché si preferisce nutrire i figli maschi. Una realtà terribile, bisogna prenderne coscienza. Le bambine, ma anche i maschi. Questo è un percorso che va fatto insieme».«Attenzione, non dobbiamo retrocedere» è il monito che Marie Curie, pioniera della scienza, prima donna ammessa a insegnare alla Sorbona, prima donna premio Nobel, rivolge a Dilili. Che nella sua scorribanda per Parigi incontra le paladine di quelle battaglie al femminile, dalla scultrice Camille Claudel all’attrice Sarah Bernhardt alla soprano Emma Calvé, a cui nel film presta la voce Nathalie Dessay. E come non bastasse, la piccola si imbatte anche in Toulouse-Lautrec, Degas, Proust, Debussy, Satie e tutti i mostri sacri che resero la Belle Époque quell’età dell’oro inseguita da Woody Allen in Midnight in Paris. «Una società aperta, colta, affacciata su un mondo migliore che poi non c’è stato. Una Parigi al suo massimo fulgore, le ho voluto rendere omaggio fotografando per quattro anni case e vie, chiese e monumenti. Ho potuto girare liberamente al museo Rodin, al Carnevalet, all’Orsay, all’Opéra Garnier e persino nelle fogne. Immagini poi rielaborate digitalmente e trasformate nei fondali del film».Tra tutte oggi la più emozionante è quella dove si vede Notre-Dame nel suo intatto splendore. «Ho saputo dell’incendio quand’ero in Italia per promozione del film. L’ho vissuto in modo frammentato, drammatico. Sono andato a letto con il cuore pesante convinto che tutto fosse finito. Parigi senza Notre-Dame non sarebbe stata sopportabile. Perché al di là della religione, fa parte della nostra vita, della nostra storia. Anche se non ci entro, ne ho bisogno. Al risveglio ho realizzato che le cose erano diverse: i pompieri avevano fermato il fuoco, la struttura era intatta e così la facciata, le torri, il grande rosone, le vetrate. Un grosso incidente sì, ma non il primo. Tutti i secoli hanno partecipato alla costruzione di Notre-Dame. Adesso è il nostro turno. Al lavoro!».

Giuseppina Manin, Corriere della sera

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