Matilde Gioli: «Non sarò mai una workaholic»

ll’attrice tornata in tv con la seconda stagione di Doc – Nelle tue mani, sull’importanza di prendersi i propri spazi, anche laddove sia difficile farlo

Non ha dubbi Matilde Gioli, non corre il rischio di dedicare tutta la sua vita al lavoro, un po’ come rischia di fare la sua Giulia in Doc: Nelle tue Mani. L’attrice milanese sa bilanciare perfettamente la sua vita privata con il lavoro, dal quale fugge appena può, in favore di grandi pranzi e cene in famiglia, fidanzato incluso:

«Il rischio che diventi workaholic non esiste. La mia vita privata è importantissima. Ho passioni semplici e molto amate, come quelle per gli animali, la natura, i cavalli, per la campagna e la montagna. Appena posso mi fiondo al di fuori di tutto quanto. Mi occupo della mia famiglia e del mio fidanzato. di mangiare tutti insieme, di cucinare, tutte cose che non si fanno a lavoro».

Il suo impegno però sul set di Doc – Nelle tue mani, la serie in onda in prima visione su Rai 1, non sempre le permette di seguire le sue passioni: «Poi è chiaro che ci sono impegni come quelli di Doc che durano tanti mesi, dove noi entriamo la mattina col buio in teatro e usciamo la sera col buio. Passiamo le giornate chiusi in teatro, e devo dire che un po’ soffro questa questa cosa, però d’altra parte è giusto così. Ma non ho mai corso il rischio di perdere il contatto con quello che c’è al di fuori del lavoro, anzi non vedo l’ora di correre lì, dai miei cari».

Giulia, la dottoressa che interpreta nello show, avrà davanti a sé scelte difficili, sia dal punto di vista personale che professionale: «Questo reparto verrà scosso da tante vicissitudini, come la lotta al primariato da parte di sole donne. In una società come la nostra, dove se sei donna e giovane non sempre sei vista di buon occhio, sarà ancora più importante parlare di questo aspetto».

In un momento storico in cui gli ospedali sono sotto pressione, i medici e gli infermieri non hanno la giusta rilevanza mediatica che meriterebbero, è importante invece dare voce alle donne e gli uomini che stanno ancora combattendo in prima linea, ed è giusto farlo anche attraverso la serialità televisiva: «Non si può non raccontare quello che sta succedendo in tutto il mondo e abbiamo cercato di farlo nella maniera più aderente possibile alla realtà, attraverso il continuo contatto con con l’ospedale Gemelli di Roma, e con i suoi medici, che sono venuti sul set a controllare che fossimo realistici. Ogni una sceneggiatura non veniva approvata se a livello medico non era perfetta. Spero che arrivi questa precisione anche nei dettagli, nel raccontare questo momento così importante. Chissà forse servirà anche come spunto di riflessione a prendere meno sottogamba la questione».

cosmopolitan.com

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