Lino Guanciale presenta «Il Commissario Ricciardi»: «Tra dono e dannazione»

«L’amore è quella forza che dà agli uomini la possibiltà di fare cose grandi o cose terribili». La video intervista all’attore protagonista della nuova (bellissima) fiction di Rai Uno, in onda dal 25 gennaio (regia di Alessandro D’Alatri, dai romanzi di Maurizio de Giovanni)

Lino Guanciale Commisario lo è già stato. Quarantun anni, volto di fiction amatissime ma con il cuore a teatro, è stato il fantasma di Cagliostro ne La porta rossa, ma ora torna nel ruolo di ispettore nel Commissario Ricciardi, la nuova fiction di Rai Uno in onda dal 25 gennaio. E stavolta sono i fantasmi a dargli una mano a risolvere i casi su cui indaga.

Siamo a Napoli (anche se buona parte delle scene sono state girate a Taranto vecchia), anni ’30, Luigi Alfredo Ricciardi dalla Regia questura di Napoli è un uomo tutto d’un pezzo.

Elegantissimo, affasciante, ma solitario per imposizione e scelta: a causa della maledizione ereditata dalla madre vede il fantasma delle persone morte in modo violento e ascolta il loro ultimo pensiero. A scombinare l’ordine che si è auto-imposto, un ricciolo che gli ricade sulla fronte e che sfugge alla «brillantina» che rende immobile il resto della chioma, e due donne: una – timidissima – che guarda dalla finestra (Maria Vera Ratti), e l’altra – potente e ammanicata – che irrompe sulla sua strada (Serena Iansiti).

A completare il ben riuscito quadro: il brigadiere Maione (Antonio Milo), suo braccio destro, che ha come confidente Bambinella (Adriano Falivene), il medico legale Modo (Enrico Ianniello), fiero antifascista, suo migliore amico, la tata di una vita (Nunzia Schiano), che non smette di ricordargli che gli tocca ancora pagare la tassa sul celibato, e Beppe Servillo nei panni di un prete.

Regia di Alessandro D’Alatri, per sei puntate tratte dagli omonimi romanzi di Maurizio de Giovanni. Una coproduzione Rai Fiction-Clemart srl, prodotta da Massimo Martino e Gabriella Buontempo. Si parte con un delitto al Regio Teatro San Carlo. C’è amore, suspance, tormento, tutto al giusto equilibrio. «Non si poteva girare questa serie senza innamorarsi di Ricciardi, è stata la cosa più bella», spiega D’Alatri, «un personaggio nato dalla fantasia è diventato un amico che mi ha preso per mano».

Entrambi lettori appassionati, Guanciale e D’Alatri, dello scrittore napoletano: «La letteratura precisa di Maurizio ha facilitato il mio compito», continua D’Alatri, «Ricciardi vede le anime dei morti di morte violenta, è un dono e una dannazione. Ha il terrore di trasmetterlo ha un figlio, quindi teme di riprodursi e tiene lontano il mondo femminile».

Entusiasta di un personaggio così anche Guanciale: «È stato un privilegio, a causa del suo fardello il commissario si isola ma è una scelta, una difesa anche per le persone cui vuole bene. È un uomo molto empatico e sensibile. Comunica davvero solo attraverso gli occhi, sempre velati di malinconia».

Stefania Saltalamacchia, Vanityfair.it

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